Di abitudini e serendipità

Ho scoperto di avere qualcosa in comune con Bianca Balti. No, non sono le gambe chilometriche e neppure gli occhi da cerbiatto. Io e Bianca Balti abbiamo in comune una figlia che per rilassarsi, darsi conforto, consolarsi si succhia due dita: non il classico pollice ma il medio e l’anulare insieme. L’ho scoperto perlustrando Instagram alla fermata del tram, in attesa del 16. Qualche giorno fa, sul suo account @biancabalti, la super modella ha pubblicato un autoscatto in compagnia delle sue due bambine, una delle quali era in un atteggiamento a me piuttosto familiare: con le famose due dita in bocca. Non nego che alla vista di quella foto ho avuto un moto di affetto istintivo e immediato per Bianca. Era come se mi sentissi istantaneamente accomunata a lei da una sorta di sorellanza. Un po’ come quando ti capita di incontrare uno del tuo paesino di 2000 abitanti mentre stai passeggiando sulla 5th Avenue a New York: anche se quel tizio lo conosci solo di vista, anche se in tutta la vita non ci ha scambiato neanche una parola, ti viene di abbracciarlo e iniziare a chiacchierarci come se lo conoscessi da sempre. Quella coincidenza incredibile ti fa gioire. Mi fa tenerezza l’eventualità più unica che rara di imbattermi in una mamma che ha una bambina piccola che – esattamente come la mia – invece del pollice si succhia due dita. Olli ha questa abitudine da quando aveva 5 mesi. Nelle prime settimane di vita ha succhiato il ciuccio, che a un certo punto ha abbandonato per preferirgli le dita della sua mano sinistra: un gesto che la rassicura. Quando ancora non parlava, per me quel gesto fungeva per esempio da segnale inequivocabile che era stanca e aveva voglia di dormire: qualche bambino si strofina gli occhi, qualche altro si tocca i capelli, mia figlia si succhia le dita, a 4 anni come quando aveva 5 mesi. Ho indagato in cerca di motivazioni psicologiche a questa abitudine che non ho nessuna intenzione di chiamare ‘vizio’ e l’unica e sola spiegazione che ho tirato fuori è che si tratta semplicemente di un modo istintivo che molti bambini hanno per auto-consolarsi. Nel caso di Olli non è una conseguenza della nascita di suo fratello, che è arrivato che lei si succhiava già abbondantemente le dita; non è attribuibile a una mancanza di attenzioni, perché ne ha a iosa. Non è che un’abitudine infantile che col tempo perderà spontaneamente: prima o poi si abbandona l’orsetto preferito, si dimentica quella copertina speciale ormai lisa; Olli, che non si è mai legata né a un orsetto né a una copertina, prima o poi dirà in qualche modo addio al suo medio e al suo anulare.   E io, nell’attesa, la fotografo per ricordare di questa sua buffa abitudine, sperando che di quelle due dita resti qualcosa, per quando si sarà stufata di succhiarle.

 

 

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