Da Esco
Quando mi trasferii a Milano per frequentare l’università non conoscevo nessuno in città. Cercarmi un appartamento in cui vivere da sola mi sembrava un po’ triste e alienante ma anche andare a vivere con dei coinquilini sconosciuti non mi sembrava molto allettante. Scelsi quindi di alloggiare in un pensionato universitario, nella fattispecie un collegio di suore Orsoline. Detta così può sembrare una scelta anacronistica ed estrema e invece si rivelò una delle decisioni più sagge che abbia mai preso: quella scelta condizionò la mia vita per sempre. All’epoca, non avendo ancora nessun amico a Milano non sentivo il bisogno di stare fuori fino a tardi dunque i limiti di orario di rientro in collegio la sera non mi davano alcun fastidio. In compenso quel luogo abitato da una decina di suore e 60 ragazze mi dava in qualche modo sicurezza. I primi mesi li trascorsi a orientarmi tra i quartieri e ad ambientarmi dentro e fuori dal pensionato, a imparare a cucinarmi qualcosa di più complesso di un uovo sodo e ad osservare le mie compagne di collegio. C’era una ragazza toscana dall’ovale perfetto, lunghi capelli scuri e le unghie sempre laccate di rosso; non sorrideva molto e aveva uno sguardo un po’ altero ma mi affascinava, mi sembrava molto più grande e vissuta di me. Solo quando la conobbi e diventammo amiche scoprii che aveva un anno meno di me, una vita molto più morigerata della mia e un senso dell’ironia piuttosto spiccato: l’atteggiamento apparentemente scostante era dovuto alla sua riservatezza. Ce n’era un’altra magra magra e sbarazzina, con l’accento siciliano e una enorme shopper di Mandarina Duck giallo limone molto allegra. Un’altra ancora con l’aria snob, la voce profonda e le lentiggini, che sembrava già parecchio a suo agio lì dentro ed era diventata un po’ un capo carismatico. Poi c’era un gruppetto super affiatato di ragazze arrivate dalla Puglia che già facevano comunella perché iscritte alla stessa facoltà, nella stessa università. Ricordo che invidiavo il loro affiatamento e il fatto che potevano condividere dubbi e impressioni di quel mondo tutto nuovo, dove ogni giorno accadevano cose. Di ragazze ce n’erano molte altre ma quelle con cui avevo voglia di fare amicizia erano loro, perché in qualche modo le sentivo affini, mi incuriosivano. Ognuna si rivelò molto diversa dall’altra per qualità e personalità e con ognuna, come pensavo, riuscii a creare un legame a sé. Non sono mai stata una da gruppetto di amiche storico, i circoli chiusi mi hanno sempre dato un senso di claustrofobia: ho sempre amato di più farmi ispirare da persone diverse, con vite diverse e un diverso modo di affrontare le cose. Ecco, il grande pregio del collegio è che su 60 ragazze con cui ti ritrovi a convivere, sai per certo che qualcuna ti andrà a genio, a meno che tu non sia sociopatica.
Perché dunque la scelta del collegio mi condizionò per sempre? perché dopo 20 anni quelle persone fanno ancora parte della mia vita, sono ancora dei punti di riferimento a Milano (quasi tutte vivono tuttora a Milano), erano nel mio destino. I nostri percorsi si sono intrecciati nel corso degli anni in maniera fluida. Qualcuna è diventata la mia coinquilina dopo il collegio e con lei ho vissuto anni memorabili, qualcuna si è sposata e ha avuto dei bambini coetanei dei miei, qualcun’altra è stata all’estero per un po’, a qualcuna sono stata proprio io a presentare il compagno di vita e attraverso una di loro io ho incontrato il mio compagno di vita. E periodicamente ci vediamo, per ragguagliarci sulle nostre vite, sui figli, sul lavoro e per ricordare episodi esilaranti o grotteschi dell’anno trascorso in collegio. Come l’altra sera, che abbiamo deciso di trovarci da Esco, il nuovo bistrot dello chef Francesco Passalacqua, che amo e seguo dai tempi di Pane e Acqua. Con Esco, da via Matteo Bandello Passalacqua si è trasfrito in via Tortona e ha creato un posto accogliente e contemporaneo, che propone piatti mediterranei leggermente rivisitati alla sua maniera, creativa ma partendo da ingredienti semplici e di stagione.
Esco Bistrò Mediterraneo – via Tortona, 26
Sono tornata a casa quella sera colma di tenerezza … tenerezza per quelle ragazzine che eravamo, lontano dalla famiglia, dalle aule confortanti del liceo, dai compagni di sempre … cercavamo riparo nella nostra amicizia, mentre il mondo fuori ci lasciava intuire infinite possibilita’…
Tra quelle ragazze ce n’era anche una che in collegio (ma solo in collegio) portava gli occhiali (mi ricordo che le davano un’aria colta, da letterata…), con un caschetto lungo e la frangia, di un bellissimo castano baciato dal sole dei lunghi mesi di vacanza dopo la maturita’; aveva spesso un’espressione stupita e meravigliata, ma subito tornava seria e faceva una raffica di domande … si chiamava Emme… te la ricordi?
Sai che mi ricordo più dettagli di voi che di me stessa? 🙂