Al “D’O”
Abracadabra, bìbidi bìbidi bu, la waiting list di 8 mesi non c’è più!
Con questa formula magica siamo riusciti ad “attovagliarci” al D’O di Davide Oldani in un paio di giorni di negoziazione. La fatina che ha fatto la magia è stata la mia amica Silvia e io e Enne abbiamo fatto le cenerentole che salivano sulla zucca/carrozza che portava a…Cornaredo.
Il D’O è inavvicinabile (nel vero senso della parola) come El Bulli di Ferran Adrià o il Noma di René Redzepi e purtroppo è più famoso per quello che per la sua cucina. Liste di attesa di mesi che ti fanno perdere ogni entusiasmo. Cavolo, fra 8 mesi non so neanche se sarò ancora viva, figurati se so se quella sera sarò in grado di andare al ristorante!
Davide Oldani lo vedi spesso sulle riviste o in TV anche perché è molto fotogenico ma la sua bellezza, secondo me, porta ad essere scettici verso le sue reali capacità di chef.
Sabato è stata la mia grande occasione per testare la sua famosa cucina “pop”, sulla quale si sono versati fiumi di inchiostro.
Ci accoglie proprio lui, davanti a un uscio stretto e senza finestre che sembra l’ingresso della sede di una loggia massonica.
Dal vivo è anche più bello che in TV!
Se dovessi definirlo direi che è un nerd intrappolato nel corpo di Brad Pitt: così abbronzato, alto e aitante, ti fa pensare che sia anche simpatico e brillante. E invece è un po’ orso, goffo e incline a battute infelici che lo rendono quasi antipatico. Secondo me lui vuole solo starsene in cucina a creare, invece di fare le pubbliche relazioni.
Il ristorante peraltro non è niente di eccezionale, quanto ad armonia estetica. Anzi è piuttosto ordinario.
Poi leggi il menù, guardi le foto alle pareti e inizi a capire chi hai davanti.
Nelle foto è immortalata la sua storia in cucina, fatta di lunghe collaborazioni con Gualtiero Marchesi e Gordon Ramsey.
Il menù è tanto creativo quanto criptico. Ordini la maggior parte dei piatti brancolando nel buio delle descrizioni fin troppo “poetiche”.
Noi decidiamo di puntare sui cavalli di battaglia che l’hanno reso famoso e che sono anche i più immediatamente individuabili: la cipolla caramellata e il risotto “riso, pane, pepe nero e Marsala”.
La prima ha l’aspetto di una tarte tatin e giurerei che quest’ultima è anche la fonte di ispirazione del piatto: cipolla al vapore avvolta nella pasta sfoglia ricoperta da zucchero caramellato. Calda, in contrasto col gelato al Grana Padano. Un boccone e sei già in pace col mondo. Caldo/freddo. Dolce/salato. Oldani ama l’equilibrio tra i contrasti. E questa cipolla è il trionfo dell’equilibrio. Il risotto è anch’esso in bilico tra dolce e salato, altrettanto buono senza essere nulla di arzigogolato.
Concludiamo con un dolce alle nocciole su una vellutata di lattuga (sì, proprio di lattuga!).
Quasi ogni piatto puoi mangiarlo col cucchiaio-forchetta inventato da lui, che poi è un vero e proprio oggetto di design.
Ecco: il suo segreto è cucinare piatti raffinatissimi e sofisticati con materie prime democratiche. Anche qui l’ennesimo contrasto. Stupefacente.
Viva la cucina “pop”, che vale tutti e otto i mesi di attesa!
(Vi prego, però, dopo aver letto il post di “quella str… che ha saltato la fila”, non odiatela se il vostro tavolo è prenotato per il 3 gennaio 2014!!)
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