Animal spirit

C’è stato un momento della mia vita in cui non ho fatto altro che aspettare un nuovo romanzo come “Casa Rossa” e quasi febbrilmente mi sono gettata su ogni libro che potesse anche solo avere una vaga parvenza di somiglianza con questo. Per annacquare la nostalgia, per farmene una ragione, per non uscire da quel guscio luminoso in cui quella lettura mi aveva trascinato e dove stavo realmente molto bene.

Che mi sia passata la frenesia o che abbia trovato un’altra suggestione letteraria questo non ricordo, so bene però che la stessa gioia mi ha colto quando ho visto l’uscita del nuovo libro di Francesca Marciano, Animal Spirit (edito da Mondadori) che, inutile a dirsi, ho letteralmente divorato. E che, naturalmente, ha corrisposto a ogni mia aspettativa.

Del resto se negli Usa hanno paragonato la scrittrice ad Alice Munro una ragione ci dovrà pur essere, no? Sei racconti, tutti scritti in inglese – e tradotti dalla stessa Marciano – che hanno in qualche modo a che fare con gli animali e dove le protagoniste sono quasi sempre donne, tutte diverse, tutte in trasformazione, tutte capaci di risolvere la loro vita senza perdere troppo tempo a fare da spettatrici, tutte ugualmente allo sbaraglio ma in grado di ricostruire le fondamenta delle loro certezze. Senza un lamento, al netto di ogni piagnisteo, consapevoli di ogni loro gesto. Fiere. E bellissime. Altra cosa rispetto alla loro controparte, uomini sparuti che restano sullo sfondo, ingabbiati in relazioni extraconiugali, vittime delle loro fobie, chiusi nella loro afasia sentimentale, compagni sperduti che rimangono nell’ombra, spesso persi in nodi che, da soli, non riescono a slegare.  

Due persone si innamorano e 5 minuti dopo nella stanza c’è già un cadavere. E’ un accordo non scritto, ma è chiaro fin da subito chi dei due sarà l’assassino e chi la vittima.  Per far funzionare una storia d’amore bisogna che uno dei due si offra in sacrificio, che si arrenda “sono nelle tue mani, depongo le armi fai di me quello che vuoi”.  Ecco, tra me e Gabriel il cadavere sono io.

E poi ci sono gli animali. Che, pure se in disparte, hanno un ruolo chiave e viscerale per lo sviluppo narrativo dei racconti e, soprattutto, per la storia stessa delle protagoniste. Sono cani abbandonati e adottati per caso; sono serpenti la cui forza primitiva si addomestica tra i tendoni di un circo; sono gabbiani che attraversano il cielo di Roma e falchi ammaestrati le cui ali sanno di libertà, di coraggio, di passione. Sono animali nel cui spirito selvaggio le donne  ritrovano l’eco della loro essenza indomita, che le riporta al nucleo stesso della loro origine naturale con la quale, finalmente, si confronteranno.

“Purtroppo accade spesso ai falconieri di perdere gli uccelli. Fa parte del rischio di addestrare una creatura selvatica. Ogni caccia potrebbe essere l’ultima. Se vogliono volare via lo fanno, non ci puoi fare niente. È sempre il falco scegliere se tornare da te o no”. La frase la scosse, come se la richiamasse una sensazione familiare. Bisognava affidarsi, correre il rischio. Essere disposti a farsi abbandonare.

Non abbandona, invece, la scrittura di Francesca Marciano, densa, forte, che arriva profonda come una lama nella vita dei personaggi a cui dà vita e li rende presenti psicologicamente, con una luce emotiva che acceca e fa pensare.

Testo di Ursula Beretta

 

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