Cambiare l’acqua ai fiori
Una deliziosa Spoon River con una musicalità sentimentale e avvolgente, talmente intensa da fermarsi nelle pieghe dell’anima di chi legge: c’è molta grazia, c’è poesia, c’è bellezza, ma c’è anche il dolore che solo l’assenza delle persone care porta con sé. In ogni senso.
“Cambiare l’acqua ai fiori” di Valérie Perrin, Edizioni e/o è un libro potente, nella sua semplicità: acclamato come il più bel romanzo del 2019, nasconde tra le sue parole l’enigma del vivere e il suo esatto contrario, celebra la forza dei sentimenti e della capacità di accoglierli rischiando, nonostante tutto, di rimanerne travolti.
I miei vicini non temono niente. Non hanno preoccupazioni, non s’innamorano, non si mangiano le unghie, non credono al caso, non fanno promesse né rumore, non hanno l’assistenza sanitaria, non piangono (…). I miei vicini sono morti. L’unica differenza che c’è tra loro è il legno della bara: quercia, pino o mogano.
Comincia così il racconto di Violette Toussaint, che, in omaggio al suo cognome (in Francia significa chiamarsi come il giorno dei morti) è guardiana di un cimitero nel cuore della Borgogna, tra gatti che hanno il nome delle canzoni di Elvis Presley, un orto fecondo capace di curare tanti mali e personaggi bizzarri che risanano le ferite con la loro dolcezza, fornendo una colorata alternativa alla morte.
Un mondo piccolo e finemente cesellato, in cui la donna vive sola dopo che il marito ha deciso di scomparire portando con sé un segreto feroce che turba l’animo e che impone la monotonia di gesti sempre uguali come unico antidoto al dolore, insieme alle generose grappe di prugna e tazze di caffè con le quali Violette conforta i visitatori e le anime del cimitero. Tra le storie reclamate dalle lapidi e dalle cerimonie funebri c’è posto anche per quella della protagonista, orfana dalla nascita, che si sente adottata da “Le regole della casa del sidro” di John Irving, apparentemente persuasa di non volere più nulla da una vita che non le ha risparmiato il dolore ma capace di conservare nell’animo quella gentilezza che è dono prezioso come i fiori che ama e che coltiva.
Qualcuno mi sfiora, mi prende i fianchi, mi posa una mano sulla pancia, si incolla dietro di me, fa gli stessi gesti che faccio io, è una danza, quasi un valzer. Sento il suo cuore battere contro la mia schiena, lascio fare, ho capito. È il trapianto di un amore, l’innesto del cuore di un altro nel mio.
Perché la felicità arriva per tutti, basta saperla afferrare al momento giusto, allo stesso modo in cui le verdure dell’orto, una volta mature, vanno colte senza indugio.
“Cambiare l’acqua ai fiori” è una storia di storie d’amore e, al contempo, un giallo, sostenuta da una narrazione capace di passare dall’ironia al dramma senza perdere quella leggerezza tipicamente francese che, ai brividi, contrappone lievi sorrisi. Sono i diversi filoni narrativi ad incrociarsi in una struttura corale densa di segreti da svelare, di indizi da seguire, di stralci di canzoni che rimandano a una musicalità lieve e sofisticata, come quella di certi pomeriggi primaverili, francesi naturalmente.
Un romanzo che si lascia amare insinuandosi nei chiaroscuri di ogni lettore, con una trama fitta e profonda che parla di emozioni usando una sensibilità brillante sostenuta da una prosa seducente che indugia nelle descrizioni del quotidiano e si nutre di emozioni in maniera arguta e commovente insieme.
“Un filo invisibile collega gli esseri destinati a incontrarsi. E tale filo può aggrovigliarsi ma mai spezzarsi.”
Testo di Ursula Beretta
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