(Boidem – Milano) Di ebrei erranti e street food israeliano

La prima regola che ho imparato, mio malgrado, dalla mia nuova attività di libera professionista (o freelance, che fa più figo) è: mai affezionarsi ai progetti prima di essere sicuri-sicurissimi-al-100% che vedranno la luce. Sto imparando che 9 volte su 10 questi svaniscono con la stessa velocità con cui nascono. Colpa del budget che non si materializza, delle condizioni che cambiano da un giorno all’altro o colpa di niente e di nessuno: accade e basta! L’importante è non farne un dramma.
L’importante è rimanere ottimisti e pensare alle mille nuove entusiasmanti occasioni che sono lì, dietro l’angolo. Peccato che io, così come mi affeziono alle persone mi affeziono alle idee, ai progetti. E quando un’idea mi piace inizio a fantasticarci intorno, a prendere appunti, a scrivere note sull’iphone a tutte le ore del giorno, a cercare le soluzioni più creative per realizzarla. E quando mi viene annunciato che non se ne farà più nulla ci resto male. La mia amica Irene, navigata freelance, mi dice che mi abituerò, ci farò il callo e fra un po’ svilupperò il fiuto infallibile dei freelance che ti fa capire al volo quando un progetto è effettivamente realizzabile e quando è campato in aria e lì resterà. E poi Irene sostiene che Saturno è finalmente uscito dal segno del Toro e quindi bando alla depressione, per me si prevede un anno propizio e ricco di soddisfazioni.

Sta di fatto che ieri, per distrarmi dal flop di un progetto nato e svanito nello spazio di un mese, sono andata a comprarmi una tuta e molte scatole di Yogi Tea alle spezie, il kit base della freelance che lavora da casa. Pedalando per il centro, sovrappensiero, passo davanti a questo posto insolito con un nome insolito: Boidem. L’avevo già notato altre volte e mi ero ripromessa di fermarmi a curiosare. Stavolta mi fermo ed entro. Mi accoglie Talor, un ragazzo sui trent’anni, che mi spiega che quello dove sono entrata altro non è che un bistrot di cibo di strada israeliano. Mi racconta di essere arrivato in Italia qualche anno fa da Tel Aviv per studiare architettura al Politecnico. Dopo poco l’ha raggiunto quella che poi è diventata sua moglie e insieme, qualche mese fa, hanno deciso di aprire un locale che portasse l’atmosfera e un po’ della cultura gastronomica del loro Paese a Milano. Boidem, che in Yiddish vuol dire “ripostiglio”, è un concept bistrot un po’ fuori dagli schemi: i tavoli, le sedie, i piatti, le posate e sono tutti diversi fra loro, recuperati nei mercatini e nelle soffitte e valorizzati in un insieme armonioso e caldo. Oltre al cibo, tutto quello che c’è è in vendita. I piatti sono vegetariani e preparati con materie prime biologiche, spesso a chilometro zero perché coltivate nell’ orto del ristorante. Tutto è fatto in casa, dal pane alle conserve, alle salse.
Talor e sua moglie Moran hanno un bambino di 16 mesi e un’altra in arrivo e quindi è stato inevitabile metterci a parlare di cosa Milano offre alle famiglie, in termini di cultura e svago.
La curiosità mi divora e vorrei provare i loro piatti subito, ma non è ancora ora di pranzo. Poi faccio mente locale e realizzo che proprio quella sera io e Enne abbiamo la nostra serata kids-free e allora saluto questo ragazzo gentile e pacato dicendogli che sarei tornata per cena.
 
Più tardi accompagno Enne alla mostra di Chagall, che io avevo già visto con Olli, quindi era come se non l’avessi vista, e rifletto che andare alle mostre di sera ha tutto un altro fascino, perché sei più portato a prendertela con calma, hai meno gente intorno, c’è più silenzio.

 
E finalmente, dopo la mostra, ci rifugiamo da Boidem, che si trova in via Santa Marta.
Scorriamo il menu e ci facciamo consigliare dal padrone di casa. I nomi dei piatti, a parte hummus e falafel, non ci sono per niente familiari e quindi lanciamo un S.O.S. a Talor perché ci aiuti a orientarci. La cucina è mediterranea, le materie prime le indovini al palato, perché fanno parte anche della nostra cucina.
Tutto è semplice e squisito. Anche la birra israeliana con cui pasteggiamo.
 
Guarda che caso…dall’ebreo errante Marc Chagall a ebrei che da Israele vengono in Italia e ci restano, mettono al mondo dei figli e investono in un’attività, un progetto che piano piano cresce.
Questo sì che è un invito alla speranza e all’ottimisto.

 

 
 
Boidem
Via Santa Marta, 3
Milano
 
 
 
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2 Discussion to this post

  1. Anonymous ha detto:

    È delizioso, vero! Ci torniamo insieme? Luc

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