Dove sei, mondo bello
Sesso, amore, amicizia. E poi Irlanda, depressione, incapacità di vivere, tristezza, ebbrezza. E naturalmente dialoghi, dialoghi su dialoghi che sostituiscono la narrazione e proiettano il lettore direttamente in medias res, ad ascoltare gomito a gomito le confidenze di Alice ed Eileen. Benvenuti in “Dove sei, mondo bello”, il nuovo attesissimo romanzo di Sally Rooney (edito da Einaudi) e acclamato come un capolavoro da ogni lato della terra.
C’è un ma. E sono squisitamente ragioni personali legate, in parte, alla leziosità di stile a cui talvolta la scrittrice indugia e che, al netto del suo riconosciuto talento, finiscono per sembrare eccessivamente manieristiche e da avere poco a che fare con l’economia della narrazione. Detto questo, la capacità di vivisezionare i rapporti umani inseriti nel quotidiano, di scandagliare l’animo dei personaggi andando oltre la patina di superficialità che la loro giovane età potrebbe fare presagire, la maestria nell’indagare quelle che sono le incertezze dei tempi attuali che si riversano direttamente nel vissuto – e nel pensiero – dei protagonisti del romanzo sono sicuramente atout che giustificano non solo il successo della Rooney ma anche l’invito ad approfondirne la lettura.
Che ha inizio con un esergo di Natalia Ginzburg, tratto da Le piccole virtù – e non è una cosa da poco – e inquadra subito quelle che sono le vicende di una doppia coppia di protagonisti sulla trentina che, come d’abitudine, vivono in Irlanda. C’è Alice, giovane scrittrice di fama, reduce da un crollo nervoso che la porta a rifugiarsi in una grande casa in un paesino sulla costa e a riprendere con lentezza le fila di una vita che rischia di sfuggirle di mano. Nella solitudine in cui ha cercato requie conosce su Tinder Felix, un ragazzo dal lavoro modesto e dal passato problematico, e si scambia mail interminabili con l’amica Eileen, redattrice di una rivista letteraria di nicchia (il cui attimo di celebrità è coinciso proprio con la pubblicazione di un saggio sulla Ginzburg), legata in maniera ambigua a Simon, consulente politico e cattolico, suo amico d’infanzia, che cerca e allontana senza soluzione di continuità.
Per cui ecco che, nel bel mezzo di tutto, con il mondo messo com’è, l’umanità sull’orlo dell’estinzione, io mi ritrovo qui a scriverti un’altra mail a proposito di sesso e di amicizia. C’è altro per cui valga la pena vivere?
Ed è proprio sui sentimenti, sulle relazioni, sulle ferite emotive delle persone che si scontrano con la contraddittorietà della società contemporanea che si concentra il cuore della narrazione della Rooney in cui gli stereotipi tradizionali lasciano spazio all’esperienza dei singoli personaggi e a quel sottile desiderio di alienazione che sembra avvolgere tutto come una condanna.
Sono giorni a scappare e a tornare; andate e ritorni da città straniere che sembrano sublimare quella voglia di sicurezza che è sempre lì per scivolare di mano; sono serate in cui il sesso diventa un collante di sentimenti sbucciati in cui la parola amore è qualcosa che si teme e di cui non ci si fida mai completamente. Sono domande sulla futilità di quello che, un tempo, poteva sembrare importante – il successo professionale, un rapporto sano, i legami affettivi tra persone che sono cresciute insieme – e che ora restituiscono il peso di una vita diversa rispetto alle aspettative. Ma andrà bene lo stesso?
C’è una consapevolezza nuova che emerge dalla scrittura di Sally Rooney e che si accompagna a quella solita comprensione della debolezza degli esseri umani, qualsiasi forma questa assuma, che mette a nudo quel caos generale a cui è lecito scappare facendo appello a poche, inevitabili certezze che rendono il vivere stesso – che non deve essere per forza sempre spettacolare – meno precario.
Ma ci risiamo. È sempre meglio amare qualcosa che non amare affatto, amare qualcuno che nessuno, e io sono qui, vivo nel mondo, e neanche per un attimo desidero il contrario. Non trovi che a suo modo sia un dono speciale, una benedizione, qualcosa di molto importante?
Testo di Ursula Beretta
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