Elena di Sparta
Leggere Elena di Sparta di Loreta Minutilli – edito da Baldini+Castoldi – equivale a fare un salto a piè pari nell’adolescenza, negli anni dell’epica imparata a memoria, delle storie di eroi e di divinità e, soprattutto, nelle vicende di una donna, considerata la più bella del mondo e causa, secondo la vulgata, di una delle guerre più sanguinose e lunghe mai narrate, quella di Troia naturalmente.
La maledetta bellezza di Elena diventa protagonista di un monologo simile a un flusso di coscienza che, ripercorrendo i miti del mondo classico, racconta una storia di vita e di morte, di potere e di ricerca, di sangue e di amore, antica ma tremendamente attuale.
Chi sarei diventata se Teseo non mi avesse violentata?
È Elena, figlia di Leda e di Zeus, “la ragazza che tutte volevano essere”, a parlare che, appena adolescente, viene rapita e stuprata da Teseo: un avvenimento non raro all’epoca, ma che diventa il modo in cui la ragazza si accorge di essere prigioniera di un aspetto fisico così perfetto da privarla di ogni libertà. Un oggetto, una cosa inanimata da venerare solo per la sua bellezza, un ammasso di carne e di nervi verso il quale lei stessa non prova nessun piacere se non nell’accudirlo per fare in modo che non si rovini, con la consapevolezza di avere a disposizione solo quello per farsi strada nella vita.
È una Elena moderna quella che fa i conti con il proprio corpo, una voce sola in un mondo tutto maschile, che disprezza e al contempo ricerca come unica via di fuga a un destino di contemplazione, scegliendo di sposare Menelao prima e di fuggire con Paride poi, in nome di una fame di vita e di libertà che sembra non trovare mai un appagamento. Una fuga che non è una scelta d’amore, come vuole la tradizione, ma il miraggio di un’idea di novità, di rifiuto di un ruolo preconfezionato, di un desiderio di uguaglianza tra sessi quanto mai impossibile, allora come ora.
Perché sei una donna e loro sono uomini, e le donne non compiono atti gloriosi e geniali: perché una donna compia grandi cose, deve disobbedire a qualunque legge degli dei e degli uomini. E, dunque, saranno sempre cose terribili.
Una città senza ginecei, in cui le donne possono scegliersi i mariti, sedere ai congressi con gli uomini e uscire dalle loro stanze senza chiedere permesso: è questo che spinge Elena a partire per Troia dove, però, la sua inquietudine non si placa perché, a condizioni cambiate, si rende conto che il problema è solo suo. Di una donna fatta crescere come un corpo senza anima e senza personalità, di una testa bionda i cui pensieri sono stati modellati sui luoghi comuni e che non riesce a confrontarsi con persone estranee che non la venerano come una divinità ma che la considerano, a differenza di quanto avveniva in patria, solo un bell’oggetto dal potere funesto.
La Elena che nasce dalle pagine del libro di Loreta Minutilli è una donna come tante, pronta ad uscire dal mito per cercare la possibilità di esprimersi pienamente, intrappolata in una bellezza che, strappata dalla prigione dorata di Sparta ed esposta in un ambiente in cui deve guadagnarsi il rispetto, non le serve per essere speciale.
Ero venuta a Troia perché pensavo di trovarci un’umanità diversa e invece avevo scoperto che gli uomini sono uguali ovunque: avevo trovato una civiltà in procinto di tramontare, una libertà che nascondeva barriere diverse, una solidarietà insidiosa, ingestibile.
Se l’epilogo della storia è universalmente noto – compresa una ritrovata umanità da parte del vecchio marito Menelao -, la forza di questo romanzo sta non solo nel rendere attuale un personaggio che appartiene al mito ma che parla, vive e pensa come se fosse una donna contemporanea, una voce a cui viene regalata una dignità e uno spessore sconosciuti dalla letteratura tradizionale che l’ha sempre relegata a silente protagonista di una guerra scatenata in nome della sua bellezza. Ma c’è di più. Elena è una donna moderna, una donna che vuole decidere per sé, vuole sentirsi libera di fare quello che vuole, di decidere del suo corpo, di essere trattata e ascoltata come un uomo: la sua storia diventa così l’universale storia di tutte le donne, al di là del tempo e della finzione narrativa. E l’esito sanguinoso è solo la conseguenza di una scelta non superficiale.
“Elena di Sparta” è un romanzo che ha le sembianze di un inno alla libertà individuale, un grido di dolore di un essere umano che chiede di essere ascoltato, amato e capito: Elena si spoglia di ogni veste mitologica e romanzesca per rimanere essenzialmente una donna che parla in prima persona e regala un affresco vivace e forte di una vicenda dalle molteplici sfumature che attraversa il tempo per diventare squisitamente contemporaneo.
Testo di Ursula Beretta
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