Eva e le sue sorelle
Si può parlare di un tema complesso come la maternità e farlo con spirito leggero ancorché presente, facendo sorridere e pensare al contempo, con un occhio all’orologio (biologico) e uno alla propria storia personale?
L’ha fatto Tieta Madia con “Eva e le sue sorelle” edito da Marcos y Marcos, un romanzo buffo e intenso, che si lascia divorare dolcemente, lasciando strali di pensieri fecondi (eh già) che si alimentano gli uni con gli altri.
Poco importa sapere sapere dove l’autobiografia si unisca alla realtà in un libro che, con il suo corredo di famiglie divise e disfunzionali, animali che figliano alla velocità di poche pagine, un’ansia di liberarsi di verginità et similia per procreare il prima possibile, si trasforma in un racconto dolente e vero di una disavventura tragicomica e troppo spesso rivissuta.
C’è un prima e un dopo nella storia di questa giovane donna mossa fin dall’infanzia da un’ansia di riprodursi che, se all’inizio appare come una reazione al disordine endemico e anaffettivo della sua famiglia d’origine – divisa, riunita, divisa ancora e diventata nucleo di un’altra – , poi è parte stessa del suo dna.
È allora che ogni relazione, ogni scelta, privata o professionale che sia, viene presa seguendo una sola ottica, quella di mettere al mondo un figlio il prima possibile.
Ma non c’è fanatismo in tutto questo, solo una sana ironia anche e soprattutto quando la natura si mette di mezzo e rende il traguardo della maternità una chimera dolorosa che passa per interruzioni di gravidanze e di relazioni, a braccetto l’una con l’altra.
Perché il sapere come questa giovane donna, nei tempi attuali in cui essere madre non è più una delle priorità femminili, si ostini a seguire il suo istinto e a voler fare un figlio, è confortante. Essere tutt’uno con il proprio bambino, sentire la potenza del dare la vita, respirare la forza e le emozioni insieme: Tieta Madia è maestra nell’orchestrare suggestioni personali fino a renderle vivide e intense, come se il lettore stesso si sostituisse a lei, pelle su pelle, lacrime con lacrime, e via dicendo.
“L’embrione dentro di me è lungo una manciata di millimetri e fa parte del mio corpo, e il mio corpo mi ha disobbedito abbastanza, finora. Quando sono incinta mi percepisco chiaramente come la somma di cuore, utero, cervello, arti, organi e ghiandole. Mettere tutto in armonia non mi è facile e, quando provo a far prevalere una di queste parti sulle altre, fallendo, biasimo duramente la colpevole di turno, disgregandomi ogni volta un po’”.
Un po’ confessione, un po’ monologo: un romanzo in cui coesistono, indifferentemente, sconfitte e speranze, perdite e sprazzi di luce, frantumazioni amorose e una maturità costruita a colpi di dolore che incanta e che rende la lettura un attimo prezioso e intenso.
Testo di Ursula Beretta
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