Fine giugno. mollatemi!
E’ da giorni che ho solo voglia di esclamare “mollatemi!”. Mi sento un 33 giri in un mondo che gira a 45 giri: tutti veloci, attivi, svegli e produttivi tranne me. Figli dall’energia esplosiva a cui fatico a stare dietro, marito sempre sul pezzo a cui non sfugge niente, neanche la data di scadenza del latte nel frigo (a me sì, puntualmente). Portare i bambini a scuola in questi giorni di fine giugno sempre più un’impresa: ogni figlio esce di casa solo se munito dei suoi giocattoli del momento; Olli del suo bambolotto kitsch da €3,99 che dice “mamma!”, più una marionetta a forma di scimmia, di pelliccia sintetica che hai caldo solo a guardarla; Bibo aggrappato al suo tirannosauro che – non si sa perché – pesa quasi più di lui ed è costato la bellezza di €29,99 (ma ormai ero alla cassa, lui aveva gli occhi che gli brillavano e io non ho avuto cuore di rimettere il dinosauro dove l’avevo preso e sostituirlo con una cineseria più economica). Così equipaggiati riesco in qualche modo a trascinarli fuori, caricarli sulla bici e scaricare all’asilo prima l’uno e poi l’altra. Nel mezzo: lui che tira i capelli a lei, lei che chiede quando andiamo al mare, lui che fa cadere il dinosauro perché ha cambiato idea e urla perché vuole portare a scuola Spiderman, lei che non vuole mettere il casco. Ieri, dopo il tran tran di cui sopra, alle 9.30 vado a un appuntamento di lavoro che finisce alle 13 e quando esco trovo la bici con entrambe le ruote a terra. Avvilita mi avvio verso casa col sole allo zenit e lo stomaco vuoto. E’ vero, dovrei tenere duro, fa caldo i bambini sono stanchi, la scuola sta per finire e con essa tutte le merende di saluti, i laboratori, i party di fine anno, le riunioni e i colloqui con le educatrici (e i miei figli non sono neanche alle elementari…). E mio marito, che col caldo si scatena su whatsapp e mi ricorda quello che dovrei fare e che non ho ancora fatto (lui è il campione mondiale di liste, io la campionessa mondiale del dimenticarmi sempre la cosa più importante della lista).
Posso esprimere un desiderio? 24 ore senza figli e marito. 24, non di più. Prendere il primo tram, arrivare in Via Andegari e fare check in al Mandarin Oriental (ma se non ha ancora aperto, mi accontento anche del Four Seasons), staccare il telefono, sfilarmi scarpe e vestiti madidi di sudore, farmi una doccia col bagnoschiuma di Hermès e poi avvolgermi in un accappatoio di spugna di Pratesi soffice e immacolato, buttarmi a faccia in giù su un letto dalle lenzuola bianche e inamidate, chiamare il servizio in camera e ordinare un club sandwich straripante di pollo, avocado e dio sa cos’altro, più una montagna di patatine; poi accendere la TV e cercare la storia gossip più avvincente del momento, tipo quella sul patrigno di Kim Kardashian che ha deciso di cambiare sesso, infine spegnere la luce e addormentarmi sapendo che nessuno mi sveglierà alle 3am perché vuole l’acqua o perché è caduto dal letto o perché russa.
Svegliarmi il giorno dopo e chiamare di nuovo il servizio in camera per ordinare brioche e caffè a litri, rivestirmi e tornare alla mia vita e alle mie liste di cose da fare, tipo prendere la bici e portarla a riparare.
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