Il diavolo e l’acqua santa

Conobbi Enne una tiepida sera di fine marzo. Quella sera stessa mi chiese il numero di telefono nonostante l’abito vintage dichiaratamente antiseduttivo che indossavo. Del resto ero in piena fase se mi volete sono così, sennò amen, sto bene anche da sola.
E lui mi volle! nonostante le righe verticali gialle, rosse e arancioni su fondo nero. E il giorno dopo mi invitò a cena fuori.
La sera della cena, prima di uscire, dissi a me stessa “ei, ieri ti è andata bene ma non è il caso di tirare troppo la corda: se sfoggi un altro dei tuoi straccetti concettuali questo qui lo fai scappare”.
Allora optai per una sobria camicia bianca su pantalone nero: enigmatica ma rassicurante.
Il ragazzo non sapeva in che guaio si stava cacciando…Abituato a frequentare donne in tailleur e decolté abbinate al colore della borsetta, a un paio di Hogan come massima espressione dell’estro, in men che non si dica si ritrovò invischiato in una relazione con una che fa shopping nei mercatini delle pulci, che abbina i colori in maniera a dir poco oltraggiosa e si mette i cappotti della sua bisnonna con buchino di tarma annesso, i vestiti di chiffon anche in inverno e gli stivali senza le calze.
Ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
A dicembre mi trasferivo a casa sua con il mio archivio di vestiti con una storia.
“Quanti scatoloni pensi ti possano servire per il trasloco?” mi chiese lui. Ingenuo!
“mah…penso 2 o 3 al massimo”, risposi io, con la nonchalanche e la totale assenza di senso pratico che mi contraddistingue.
Enne passò un week end intero facendo su e giù tra casa mia e casa sua forse 20 volte, trasportando decine di scatoloni con dentro il mio guardaroba e tutti gli accessori.
Lì cominciò a capire che erano finiti di tempi in cui 2 + 2 faceva quattro. Con me tutto era interpretabile, opinabile e, soprattutto, poco scientifico.
 
Lui che applica calcoli matematici alla vita quotidiana e io che vivo nella quotidiana approssimazione e ricordo a malapena come si fanno le divisioni a due cifre.
Lui un programmatore nato. Io la teorica dell’improvvisazione.
Lui fobico dell’imprevisto. Io che nell’imprevisto ci sguazzo proprio, perché mette in gioco la mia creatività.
Lui il re della pianificazione meditata e metodica. Io che metodicamente ho sempre in serbo un piano B.
Lui abituato a fidanzate con le unghie curate e la messa in piega fresca di parrucchiere. Io che faccio la tinta in casa perché odio andare dal parrucchiere e mi ispiro a Emmanuelle Alt che è troppo francese e troppo chic per farsi una messa in piega.
Lui e i suoi 10 maglioncini, gli stessi da anni, perfettamente impilati negli scaffali dell’armadio, uno sull’altro e freschi di tintoria. Io e i miei 75 maglioncini di ogni forma e filato, ammucchiati in ordine sparso e democratico: Proenza Schouler accanto a H&M, quello che fa i pallini e quello che ha ancora una traccia di rigurgito della mia primogenita sulla spalla destra.
Lui che anche se è in riunione con l’Amministratore delegato della Fiat è sempre sul pezzo e mi manda SMS del tipo “sono in riunione, ti chiamo dopo, dimmi solo com’era la consistenza della cacca di Bibo. I fermenti lattici sono finiti. Li prendi tu o vado io prima di tornare a casa?”.
Lui che va in iperventilazione se vede una traccia di Didò rosa fosforescente infilata negli interstizi del parquet e io che gli ricordo serafica che vive con due inquilini sotto i 4 anni.
Io affascinata da quel qualcosa di lui che a me manca: la capacità di avere sempre tutto sotto controllo. Lui affascinato dal mio…nonsocché.
Noi due: la prova vivente che gli opposti si attraggono e possono anche convivere. E procreare.
 

 

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4 Discussion to this post

  1. Mimma Zizzo ha detto:

    ma che meraviglia….e posso dire io c'ero. Ricordo tutto. Siete una coppia fantastica.

  2. Ornella Cordisco ha detto:

    Oddio che meraviglia…anche io sono l'esaltazione del nulla sposata alla pragmaticità fatta persona…(policeman outside ma soprattutto deeply inside)..ti adoroooooo soprattutto i cappotti coi buchi e i mercatini..lol

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