In quarantena
Da più di un mese siamo chiusi in casa per un lockdown che entrerà nei libri di storia, assieme alla pandemia che l’ha causato.
Quanto ci ha scombussolato questo cambiamento così repentino e brusco? Come stiamo reagendo? Come stiamo?
Al di là del disagio intrinseco del non poter uscire e andare dove vogliamo, stiamo bene. Il grande male del 2020 ci ha sfiorati – perché ha colpito tanti nostri amici (che per fortuna sono guariti) – ma non ci ha mai presi, pur vivendo nella regione con più contagi d’Italia. Le nostre famiglie, sparse per lo stivale stanno bene e questo ci basta per affrontare tutto quello che sta succedendo fuori con lucidità e una certa serenità. Abbiamo ancora un lavoro e una casa abbastanza grande che ci accoglie tutti e quattro concedendoci anche momenti di solitudine, di cui nel corso della giornata abbiamo un bisogno fisiologico.
I bambini hanno quell’età in cui sono già autonomi e collaborativi: mi sembra una fortuna. Non so come sarebbe stato solo un paio di anni fa….forse non sarei qui a raccontare serafica della nostra armoniosa quarantena.
Perché sì, posso dire che se c’è un aggettivo che contraddistingue questa quarantena è ‘armoniosa’.
Siamo un bel quartetto d’archi che crea ogni giorno melodie che resteranno nei nostri ricordi. Una bella squadra in cui ci si integra e ci si completa, nella gestione della casa e degli impegni di studio e lavoro. Certo, i momenti di insofferenza ci sono eccome, e sarebbe strano se non ci fossero. Del resto siamo 4 persone con personalità molti diverse che stanno insieme 24 ore su 24 come non era mai capitato nella loro vita se non in vacanza. Ma questa non è una vacanza.
Ci si sveglia più tardi, non come quando la scuola era aperta. E questo è già un dettaglio che aiuta ad addolcire la nuova routine che ci siamo cuciti addosso.
Cerchiamo di controllare l’incontrollabile ricorrendo a piccoli atti di organizzazione e di continuità familiare.
scrive Adam Gopnik nel suo libro ‘Una casa a New York’ raccontando di come i newyorkesi vivevano i giorni successivi all’attentato alle Torri Gemelle. Mi ci sono ritrovata molto in quelle parole…è un po’ quello che sta accadendo a noi adesso che, in fondo, stiamo subendo uno shock di pari livello.
I bambini hanno preso la sana abitudine di rifarsi il letto ogni mattina appena svegli, dopo essersi lavati e vestiti. Fanno addirittura a gara a chi fa il letto più perfetto e non si lamentano mai di questa incombenza (forse perché c’è il fattore ‘competizione’ che li stimola). Credo abbiano recepito il messaggio che mai come adesso la parola d’ordine è COLLABORAZIONE. E ognuno collabora come può.
La giornata scorre tra collegamenti online con i maestri, i giochi e i compiti. Il mio computer è ormai anche un po’ di Olivia…io cerco di concentrare le mie cose di lavoro nel pomeriggio. Ma va bene così.
Osservo molto i miei figli per cercare di capire se gli mancano le cose che erano abituati a fare fino a 2 mesi fa: la scuola, le attività sportive il pomeriggio, gli appuntamenti con gli amici. E mi accorgo che di tutto questo non gli manca nulla. O forse sì, ma non tanto da lamentarsene reclamando un ritorno alle vecchie abitudini. Stanno in casa volentieri e neanche chiedono troppo di andare a prendere una boccata d’aria nel cortile condominiale. Sono arrivata alla conclusione che i bambini possano vivere sereni ovunque e in tutte le condizioni, purché abbiano vicino mamma e papà.
Insieme facciamo tante più cose di prima. Qualche sera, mentre guardavamo uno dei documentari sugli animali che loro amano tanto, Olli fa ‘era tantissimo tempo che non stavamo su questo divano tutti e quattro insieme’. E aveva ragione! Nella vita di prima ci si alternava sul divano in base agli impegni e agli orari di tutti, che raramente coincidevano se non nel weekend.
Abbiamo ripreso in mano e completato un puzzle da 1000 pezzi che avevo comprato anni fa e non avevamo mai neanche iniziato….chi aveva tempo di mettersi lì con calma a cercare minuscole tessere che combaciavano.
Ho recuperato ricette complicate che non avevo mai avuto il coraggio e il tempo di realizzare. Per tenere a bada i bambini nei momenti di massima esuberanza li metto a dipingere (la mia arma segreta super efficace per ripristinare la calma) o li faccio cucinare con me.
Mi manca vivere la mia città ma non mi manca correre da un angolo all’altro di essa come una pallina del flipper. Mi mancano i viaggi e i pranzi fuori porta con gli amici. Ma le serate sul divano a divorare serie appassionanti su Netflix sono sempre state tra i miei programmi preferiti, per cui spesso ho rinunciato volentieri alla mondanità.
Non voglio dimenticare nulla di questa quarantena, voglio godermi ogni attimo di questo tempo lento e sospeso, perché è un regalo che non tornerà e di cui avrò nostalgia negli anni a venire, quando saremo tornati a correre e a spuntare liste come forsennati.
Ne beneficeranno anche i bambini, che questo contatto quasi simbiotico con noi genitori, capitato nell’età in cui di quel contatto hanno più bisogno, se lo ricorderanno per sempre.
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