L’autunno in compagnia di libri bellissimi…

Ottobre e tutti quei libri meravigliosi tra i quali è sempre più difficile scegliere quali consigliare. Ci ho provato, vediamo che ne pensate… 

Si comincia da Rachel, che ha poco più di 20 anni e un solo, grande impegno nella vita, contare in maniera certosina le calorie di quello che ingurgita e, con altrettanta attenzione, spendersi per consumarle correndo sul tapis roulant o sull’ellittica in palestra. Rachel ha ovviamente un lavoro che le consente di dedicare parte del suo tempo alla sua personale matematica: nello specifico, è impiegata in un’agenzia che rappresenta gli attori, mestiere nel quale anche lei saltuariamente si diletta esibendosi come stand up comedian. Rachel è la protagonista di “Affamata”, il romanzo di Melissa Broder, ultima uscita della collana Le Fuggitive di NNEditore, che racconta di appetiti totalizzanti e, di riflesso, della faticosa e necessaria distanza da prendere da una famelica ossessione che travolge ogni aspetto dell’esistenza. Rachel è stata una bambina prima e una ragazzina poi sovrappeso, tormentata da una madre che è ancora invadente e anaffettiva e che lei tenta maldestramente di arginare. È semplice immaginare come allo spauracchio dei chilogrammi di troppo corrisponda un trauma poco, ovviamente, digerito. Ma la fame, soprattutto quella di vita, è difficile da contenere a maggior ragione quando la tentazione ha l’aspetto burroso di una nemesi, nella fattispecie Miriam, che si delizia con vecchie pellicole cinematografiche e con coppe di yogurt dalle dimensioni macroscopiche. Per Rachel, ovviamente. Il resto del romanzo è un tripudio goloso -a volte pure troppo – di cibo e amore, che va divorato con la giusta attenzione e che risuona forte, ironico, provocatorio. Affamato.

E poi c’è Rachele, invece, che di anni ne ha qualcuno di più e che si trova invischiata in una storia di eredità familiare e di segreti nascosti, male, dal tempo e raccontati in “Una piccola formalità”, l’ultimo romanzo di Alessia Gazzola (Longanesi). C’è spazio, ovviamente, anche per l’amore che quel tempo di cui sopra lo attraversa e diventa il pretesto non solo per risolvere beghe apparentemente insormontabili ma anche per riguardare al passato con un occhio più indulgente. Una trama accattivante, personaggi piacevoli, una scrittura scorrevole sono le certezze chiave di un’autrice che, al debutto con la sua nuova eroina, riesce a non smentirsi mai.

Se c’è qualcosa che amate tenetevelo stretto perché non si può mai sapere quando verranno a portarvelo via”. Non fa sconti – né gli interessa, peraltro, farli- Michael Bible in “L’ultima cosa bella sulla faccia della terra” (Adelphi) che possiede già un titolo capace di ferire mortalmente. Figuratevi la trama di un romanzo immerso in una cittadina dal nome emblematico, Harmony, nella provincia americana del sud dove tutto ruota intorno alla chiesa e la gioventù è un bagaglio con il quale fare i conti. E non necessariamente essere in grado di farlo. Con un attacco che strizza l’occhio a Truman Capote e un puzzle narrativo che, svelandosi man mano che procede la lettura, trasforma una scelta definitiva in un balordo scherzo del destino raccontato a più voci. L’atmosfera è cupa pur se nascosta dietro i pizzi delle tende e il concentrato di violenza – morale, verbale, fisica – è, ovviamente, biblico. Tutti sono innocenti e tutti sono colpevoli. Ma la voce di Michael Bible è qualcosa che non si dimentica.

Indimenticabile è anche l’esordio di Greta Olivo che con il suo “Spilli” (Einaudi) fa un tuffo a occhi spalancati verso la cecità. Sì, perché la sua Livia, che è bella, bionda e amata, eredita una tara, una retinite pigmentosa che la renderà progressivamente cieca. Quando, non si sa, potrebbe essere tra una settimana o dopo anni. E lei, che vive la sua adolescenza romana come se fosse una bambola di vetro, non si rassegna a brancolare nel buio ma cerca di farsi amica e fedele compagna per il futuro l’oscurità che sta per abbracciarla. Come, è solo da leggere. Perché il racconto di formazione di una ragazzina che fa a botte con il coraggio e con i luoghi comuni, nasconde un forte impianto metaforico, da svelare e da gustare.

L’eredità del dolore e tutto quello che comporta. Amore tossico ma oltre le classiche definizioni perché tutto può essere ugualmente malato e sano. Dipende dai punti di vista. Quello di Alice Urciolo nel suo “La verità che ci riguarda” (66th and 2nd) è puntato sulla dipendenza, di cui Milena e la sua famiglia sono perfetti testimonial. Che sia cibo o amore o religione, il risultato non cambia, anzi, non fa che esasperare quelle fragilità che in questo romanzo festeggiano senza posa. Dal paesino della Ciociaria che lascia ai vaneggiamenti della madre, irretita da un presunto santone fondatore di una Chiesa aka setta, e all’inettitudine del padre, Milena fugge a Roma sperando di ingannare quel dolore che si porta dietro come una maledizione. Ma ignorando che questo troverà comunque il modo di farsi ascoltare traghettandola tra le braccia del suo personale guru, l’ennesimo manipolatore capace di giocare con la sua attitudine alla dipendenza e di rovinarla. O di provare a farlo. Un gioco al massacro che, come una beffa del destino, pare ereditario e che diventa il pretesto per un’anamnesi personale scandita da una scrittura ossessiva e maniacale, che trasforma il romanzo in un faticoso percorso di ricostruzione e di fede.

In questo catalogo di donne non poteva mancare Nora del romanzo di Silvia Montemurro, “La Piccinina” (edizioni e/o) con la storia vera (e dimenticata) delle piccinine di Milano, le sarte- bambine che, agli inizi del 900, scioperarono per far valere i propri diritti contro gli adulti che le sfruttavano. Tra queste spicca uno scricciolo di bambina, cresciuta senza amore in una famiglia che avrebbe voluto un figlio maschio e che, a causa di un’invalidante balbuzie, si troverà a guidare da dietro le quinte l’esercito di “rivoltose” in lotta per farsi finalmente riconoscere. Una storia di amicizie e di invidie, di rancori personali e di battaglie sociali che scivola tra i ricordi di Nora e il suo presente riconsegnando un affresco unico ed emotivamente impattante in cui la storia entra a gamba tesa.

Come sempre, buona lettura!

Ursula Beretta

 

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