#MyMomsAboutTown: Alessia

Oggi vi presento Alessia che, dopo una laurea in giurisprudenza, ha capito che di mestiere non voleva fare l’avvocato, ma neanche il magistrato o il notaio. Lei era affascinata dal mondo della moda e della comunicazione legata a quel settore. Così un bel giorno ha deciso di emigrare a Milano per tentare di seguire i suoi sogni e realizzarli. Ce l’ha fatta ma nel frattempo ha realizzato anche altri sogni, come fare un bambino.
 
Alessia, 35 anni, Media Relations Manager Italia per una Maison francese di alta gioielleria e mamma di Leopoldo, 20 mesi
 
1. Ti sei trasferita a Milano qualche anno fa dalla tua cittadina di origine a cui sei rimasta molto legata: Pesaro. Ora che c’è Leopoldo pensi di essere esattamente dove vuoi essere oppure ti assalgono i dubbi che forse sarebbe meglio crescere un bambino in un piccolo centro, magari sul mare?
Se 10 anni fa mi avessero chiesto se mi sarebbe mai potuta mancare Pesaro
sarei scoppiata a ridere. E invece… E’ la classica città del centro–nord non troppo grande anzi decisamente piccola dove si conoscono tutti e se non si conoscono c’è un motivo. E sì, in pausa pranzo da maggio a settembre puoi andare al mare. 



Senza avvertire nessuno, perché tanto anche in spiaggia c’è sempre qualcuno da salutare o un bimbo che conosci perché conosci i genitori.

Quindi mi manca per quelle “piccolezze” che facilitano la vita. Come avere le stesse amiche dal liceo. Io le mie le chiamo “le bagnine” perché quando arrivo io con il mio color grigio milanese loro sono sempre belle, abbronzate e super rilassate.
Sono sempre felice quando riesco a passare qualche giorno Pesaro.
Milano però è una città che amo molto e dopo 10 anni che ci vivo ho imparato a vivermela e a prendere quello che può dare. Spero solo di non crescere un bambino troppo milanese, di quelli che quando ci giochi lo chiami “we cotolèèètta”.
 
2. Pensi che la maternità abbia ostacolato la tua crescita professionale? Hai dovuto fare delle rinunce, dopo la nascita di Leopoldo?
Non ho dovuto rinunciare a tanto; forse non sono andata a molti cocktail e ad altrettanti cocktail party. E per fortuna hanno inventato Linkedin. Quindi direi che il bilancio non è grave.
Per il momento – e aggiungo per fortuna  – la nascita di Leopoldo non ha significato perdite professionali, anzi. Subito dopo la maternità ho avuto una nuova possibilità di lavoro e in una azienda ovviamente non italiana.
Dico ovviamente perché non sono molte le aziende in Italia che considerano una donna con un neonato a casa una risorsa appetibile. Certo sempre meglio di una appena sposata che quindi si presume voglia concepire un erede.
Purtroppo ho riscontrato, sia da esperienza personale sia da racconti di amiche, che in Italia c’è ancora un pregiudizio di fatto sulla scelta o l’opportunità di concepire. Certi datori di lavoro spesso si sentono come derubati se una sceglie di fare un figlio e c’è sempre qualche problema al suo ritorno in ufficio. Il fatto che una abbia una vita propria, una famiglia, lo considerano un ostacolo alla totale dedizione alla causa aziendale. Invece fare un figlio è una scelta importante sia per chi lo fa che per la comunità. Quei concetti un po’ difficili di etica e civiltà passano anche dalla prosecuzione della specie, no? E semplificando, visto che lavoro nella moda, se non si fanno figli chi comprerà più vestiti? Forse con concetti legati al fatturato del futuro potremmo fare breccia in certe menti.
 
3. Pensi che la maternità ti abbia dato nuovi skills per affrontare meglio il tuo lavoro?
In ordine sparso d’importanza sono diventata: puntuale, perché il tempo ora ha un valore ben determinato, organizzata e formidabile nell’incastro di cose da fare, telefonate e meeting, una specie di prestigiatrice che riesce – o almeno ci prova – a fare in 24 ore quello che prima faceva in tre giorni (almeno);
e mi dispiace ammetterlo ma sono più buona (ora c’è da chiedersi come fossi prima, ma questo dovremmo chiederlo a chi ha lavorato con me prima del lieto evento).
Credo che la maternità mi abbia dato una visione della vita differente, una diversa visione delle priorità e posso aggiungere che avere Leopoldo nella mia vita mi consente di farmi scivolare addosso le cose piccole e le persone minuscole, umanamente parlando.
 
4. Hai mai avuto il dubbio che se facessi la casalinga forse potresti seguire meglio tuo figlio? Hai mai avuto rimorsi in tal senso?
Esiste un sentimento più inutile del rimorso?!
Il mio dogma è: se la mamma è felice anche il bimbo lo è.
Quindi finché io sarò felice lavorando, la mia famiglia lo sarà con me e per me.
Non credo che una mamma lavoratrice trascuri per forza la prole così come non sono certa che una donna che non ha una sua occupazione sia totalmente, e soprattutto con buoni risultati, dedita alle reali necessità della famiglia.
Certo il mito del “bambino che si vede che è seguito” resiste nelle mie più alte aspirazioni e spero di farcela anche con il mio attuale impegno da prestigiatrice.
Detto ciò quasi quasi una volta al mese farei la casalinga. Ma solo con la casa già pulita, la spesa già fatta, un invito a cena – meglio se anche a pranzo, ovvio – e con il sole per andare al parco.
 
5. C’è qualcosa della maternità che ti fa sentire inadeguata?
Sicuramente nella lunga lista di inadeguatezze materne a mio carico il non saper fare cupcake con la faccia di Hello Kitty è al primo posto. Poi ci sono nomi di malattie mai sentite prima tipo “bocca mani piedi”. Per tutto il resto ho Tracy Hogg, l’autrice – puericultrice che mi ha salvato la vita con il libro più utile mai scritto prima: “Il linguaggio segreto del neonato”. E’ sul mio comodino da 20 mesi mi da una sicurezza infinita. Anzi colgo l’occasione di questa intervista per far sapere a Tracy che senza di lei non ce l’avrei fatta a superare le domande delle altre madri che praticano allegramente del terrorismo puro e diffuso con perizia. Grazie di cuore.
 
6. Sei una control freak oppure deleghi senza problemi?
Sono una maniaca del controllo. Lo ammetto e mi sto curando. Ma la mia pigrizia congenita fa sì che io deleghi le cose che non mi piace fare.
Cosi quando le fanno gli altri benedico chi ha inventato i cellulari così posso chiamare chi ho delegato e controllare tutto. E fare domande del tipo: ma era proprio necessario attraversare la strada per andare al parco?
 
7. Ti è venuta qualche ansia o mania da quando è nato tuo figlio?
No, per fortuna mi sono fermata a quelle che avevo già perché altrimenti non avrei più avuto un posto nella società civile. Ho promesso di non vestirlo da principe azzurro ad ogni carnevale, mi sembra già molto no?
 
8. Sei fissata con la disciplina oppure lasci che tuo figlio faccia quello che si sente?
In casa mi chiamano signorina Rottemayer come l’indimenticabile istitutrice di Haidi e Clara…Sono per l’equilibrio e il rispetto verso di lui ma anche verso chi ci circonda.
Lasciare che un bimbo faccia quello che vuole può essere giusto solo in camera sua e sono convinta che iniziare a comunicargli che ci sono anche gli altri non sia mai troppo presto.
 
9. C’è qualcosa in cui tuo marito è più bravo di te nell’educare/crescere Leopoldo? Come vivi questa cosa: ti dà fastidio o ci ridi su?
Mio marito Edoardo è molto più bravo di me nell’inventare giochi di ogni tipo e nel creare momenti loro. Ascoltano spesso la musica insieme e ha creato una playlist delle musiche preferite da Leopoldo che vanno da Bobby Solo a Mozart. Il risultato è che Leopoldo appena Edoardo arriva a casa lo accoglie dicendo “Matto, matto matto” perché vuole ascoltare Cuore matto di Bobby Solo. Quindi casa nostra è musicalmente infrequentabile ma Leo impara molte parole nuove con la musica.
Per il resto è come tutti i bravi papà: ha sempre bisogno dell’assistente (io ovviamente) che lo rincorra con tutto ciò che serve: dal ciuccio alla felpa fino al biberon e ai i pannolini. Tutte cose notoriamente inutili per l’universo paterno.
 
10. Con l’arrivo del bambino la tua vita di coppia ha avuto scossoni..in pratica, hai rischiato il divorzio? Come hai superato la cosa?
La prima causa di divorzio sono i matrimoni. Cerco di corteggiarlo e di farmi corteggiare – un concetto arduo per i maschi moderni, lo so – e seguo un precetto napoletano secondo il quale i maschi non vogliono pensieri.
Il pensiero ormai è diventato una scocciatura prettamente femminile, pare.
 
11. Cosa ti ha insegnato la maternità finora?
Che esistono i bambini, i parchi e il cibo bio. E ovviamente a comprare scarpe senza tacchi e borse con la tracolla.
 
12. Ti senti più bella e femminile ora o quando non avevi ancora figli?
L’importante è crederci nella propria bellezza e femminilità. Non lo so se sono meglio oggi rispetto a quando avevo una carriera da party girl e ed ero di conseguenza conciata a tema. Sicuramente uso scarpe più basse con la scusa che non è elegante rincorrere Cicciobello Terminator con i tacchi 15. Mi sentirei una milf. Mi sono recentemente autoconvinta che sono più bella naturale con poco trucco e armata di sorriso.
 
13. Ogni tanto ti manca la tua vita prima dell’arrivo del bambino, quando la figlia eri tu?
No, non mi manca perché mi sento ancora molto figlia e di questo ringrazio i miei genitori che sono diventati dei nonni meravigliosi senza smettere di rompermi le scatole. Certo da quando c’è Leopoldo io praticamente non esisto. Ma lo considero un vantaggio.
 
14. Cosa ti piace fare con tuo figlio?
Mi piace molto leggergli le favole e coccolarlo. E farlo ridere facendo cose inenarrabili che mai avrei immaginato di poter fare.
 
15. Cosa invece ti annoia un po’?
Fare i giochi da maschio, con macchinine e trenini. Sono sotto stretta sorveglianza da parte della famiglia che teme che io gli parli di gioielli e look. Sono stata recentemente scoperta mentre guardavamo Cenerentola: mio marito ha già provveduto a censurare questa pericolosissima favola a favore del più maschile Robin Hood.
 
16. Riesci a ricavarti del tempo tutto per te? Cosa fai? Dove vai?
Il mio tempo residuo è per gli amici. Non c’è nulla di più bello per me di un pranzo con un’amica o di un bicchiere di vino esclusivamente rosso se hai la persona giusta con cui brindare.
 
17. Cosa ti piace di Milano, per quanto riguarda la vita con i figli? 
Milano ti da la possibilità di confrontarti con mondi diversi e realtà differenti.
 
18. E senza figli?
Tutte le mostre e le occasioni per vedere o assaggiare ciò che c’è di nuovo.
 
19. Un posto che ami particolarmente di questa città (un negozio, un ristorante, un quartiere, una strada).
Un posto: Palazzo Reale mi sono anche sposata lì e ci ho passato per lavoro tante serate stupende. Oggi mi piace molto andarci con Leopoldo a vedere le mostre in programmazione oppure a prendere un caffè da Giacomo, il bar al piano terra.
 
20. Qual è il tuo mantra?
Per essere fortunati bisogna credere nella fortuna. 

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