Letture belle per le serate invernali
La bellezza degli ultimi mesi dell’anno è tutta nella loro anima bizzosa – sì, sì ho proprio scritto così – che in qualche modo ha influenzato le mie letture recenti. Tante, veloci, intense; ma anche preziose, forti e spesso indimenticabili. Qualche spunto? Non chiedo di meglio…
Ammetto che avrei voluto leggerlo in francese ma la bellezza dell’edizione italiana mi ha fatto cambiare idea (del resto, anche l’estetica vuole la sua parte). Sto parlando del delizioso “Mio Marito” di Maud Ventura (SEM) con la sua coppia apparentemente perfetta, ma dal ménage familiare tarmato da una dipendenza affettiva al limite dell’ ossessione. Strutturato come un diario intimo dispiegato nell’arco di una settimana, il romanzo mette letteralmente in piazza la follia amorosa di una donna che, in maniera chirurgica, osserva il suo matrimonio in attesa che vada a pezzi. Perché se è vero che i francesi ci hanno insegnato che l’amore dura tre anni (ma questa è un’altra storia), la protagonista di questo ménage à trois (lei, lui e la follia) cerca incessantemente i segni del progressivo e inevitabile disamoramento del marito per racchiuderli in un bizzarro quaderno di quelle punizioni che, suo malgrado, riserverà al coniuge. Ma mi fermo qui. Perché la lettura è scoppiettante e l’epilogo assolutamente spiazzante tanto da rimettere in discussione tutto. Curiosi?
Di tutt’altro genere il doloroso “Abbandono” (Iperborea), di Elisabeth Asbrink, che si immerge nella vicenda di tre generazioni di donne unite da vincoli di sangue – Rita, Sally e Katherine- osservate nel tempo e nei luoghi in cui vivono e hanno vissuto. È un romanzo sulla solitudine e sui rifiuti, sull’implacabilità della storia e della religione; è un affresco poco gentile di uomini vaghi e assenti, troppo presi a rispettare convenzioni obsolete e testimoni feroci di fallimenti preannunciati. Sarà la voce di Katherine a ricostruire faticosamente le origini di legami dolenti ma necessari, perdendosi nei vicoli di Salonicco per cercare di esorcizzare, con la conoscenza, quel sentimento di abbandono che attaglia lei come le altre donne della famiglia prima di lei. “Ci vuole una buona dose di oblio, per poter vivere” e lo insegna la storia, lo ricorda questo romanzo puntuto e sottile, che a tratti investe il lettore con quel carico di sofferenza scevra da retorica ma che, al netto di tutto, regala una lucida e impietosa consapevolezza. A voi scoprire quale.
Nei miei pellegrinaggi letterari ho trovato il tempo di rileggere il mio amato Peter Cameron che, nel suo “Quella sera dorata” (Adelphi), regala l’ennesima, grande lezione di scrittura, direttamente dai suoi fondamenti. Il dialogo – incalzante, continuo, narrativo, epifanico – è infatti il cuore di un romanzo a più voci in cui uno studente americano si mette in viaggio per l’Uruguay per convincere la famiglia di uno scrittore scomparso pressochè sconosciuto a lasciargli scrivere una tesi su di lui. La moglie e l’ex moglie, la figlia piccola e il fratello con il compagno sono attori e comparse insieme di una vicenda curiosa e vivace che vive di contrappunti narrativi assolutamente spassosi. (Ri) Leggetelo anche voi!
“Karl” di Marie Ottavi (L’ippocampo) è un capolavoro biografico dedicato a Karl Lagerfeld che, al netto della mole che potrebbe intimorire – sono oltre 600 le sue pagine- racconta meravigliosamente un personaggio monumentale e la storia di quella moda che lui ha contribuito a creare. Ma attenzione! Questo è un volume che piacerà sicuramente agli addetti ai lavori ma che i profani non mancheranno di apprezzare perché il racconto della vita di questo geniale creatore- colto, misterioso, rivoluzionario e tostissimo – si intreccia alla storia di un’epoca e dei personaggi che ne hanno fatto parte. In cui la moda, ovviamente, occupa un posto di primo piano in quanto indicatore sociale perfetto e bellissimo per raccontare l’ésprit du temps e per non dimenticare un uomo incredibile che ancora oggi fa sentire la sua voce.
Che altro? Sto leggendo – e vi consiglio vivamente – “L’impero del dolore” di Patrick Radden Keefe (Mondadori); ho amato infinitamente “Io, Jack e Dio” (La nave di Teseo) di Andrea De Carlo; ho lasciato un attimo sedimentare “Matrix” (Bompiani) di Lauren Groff perché necessita del tempo fermo delle vacanze natalizie e sto sfogliando avidamente “The Passenger” dedicato a Milano (Iperborea) con contributi unici, tra cui quello della mia adorata Letizia Muratori.
Testo di Ursula Beretta
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