#MyMomsAboutTown: Francesca
Francesca Tommasone, una bella ragazza fiorentina di 31 anni mamma di un bambino – Edoardo – di 2 anni mezzo, l’ho conosciuta virtualmente su Instagram, che per me è una fonte di ispirazione davvero unica perché ricca e trasversale: ci trovi chi si esprime attraverso foto tecnicamente bellissime, che parlano, ma anche chi lo fa con foto meno belle ma con didascalie che sono veri e propri racconti avvincenti. E a me piace sia guardare foto belle sia trovare persone che hanno qualcosa da dire, che mi diano spunti di riflessione.
Di Francesca mi ha colpito il suo modo fresco, genuino e un po’ ironico di raccontare la sua vita di italiana espatriata in Congo e di documentarlo con foto…che parlano! che ti coinvolgono. Come quelle scattate nell’orfanotrofio che sta aiutando con generosità ed entusiasmo ammirevoli.
Ma bando alle ciance…ve la presento!
Da Firenze a Brazzaville, Repubblica del Congo. Come ci sei finita in Congo? cosa facevi a Firenze?
Un bel cambiamento, non c’e che dire! Anzi, rettifico: una vera avventura!
Viviamo qui perché mio marito lavora all’ambasciata italiana a Brazzaville con un incarico della durata di quattro anni. Prima di partire facevo la mamma a tempo pieno. Infatti abbiamo deciso di intraprendere questa esperienza quando il nostro Edo era davvero molto piccolo.
Come hai vissuto questo cambiamento? Hai fatto fatica ad abituarti alla tua nuova vita da expat oppure è stato tutto naturale?
A me le sfide piacciono. Con mio marito abbiamo deciso da subito che avremmo intrapreso questa avventura fianco a fianco, affrontando insieme le difficoltà.
Non ti nego che ogni tanto i momenti di sconforto ci sono stati, soprattutto perché avevamo Edo piccolino e la Repubblica del Congo è un Paese indubbiamente affascinante ma anche molto “difficile”.
Non parlavo una parola di francese e questa è stata la sfida più grande.
Le barriere linguistiche, infatti, sono di certo uno scoglio quando desideri integrarti in un Paese nuovo.
Fortunatamente ho imparato molto in fretta i rudimenti della lingua essenziali per potermi esprimere! Inoltre i congolesi sono un popolo ospitale ed aperto: mi sono sentita da subito la benvenuta.
A proposito di ‘cultural shock’: qual è stato il tuo, quando hai dovuto approcciarti con la cultura e le abitudini locali…immagino piuttosto diverse dalle tue?
Beh, cultura e usi sono talmente diversi da quelli ai quali siamo abituati da lasciarmi ogni giorno più sbalordita e incuriosita. La cosa che colpisce maggiormente è senza dubbio la spiritualità di questo Paese che si esprime in due modi diametralmente opposti: l’estrema devozione religiosa per il cristianesimo e i culti di magia.
Inoltre io amo sperimentare la cucina locale, frequentare i chiassosi e colorati mercati locali e provare i cibi più disparati.
Non mi scorderò mai di quando, durante il mio primo mese di permanenza, al Marché Total di Bacongo venni invitata da una folla acclamante ad assaggiare una larva essiccata!!!
Da quella volta ho mangiato praticamente tutti i manicaretti congolesi.
Compreso il piatto tipico – che è il coccodrillo – gli insetti ed il saka saka di squalo.
Tutto rigorosamente cucinato e offerto dalle mie amiche congolesi (per ora ho rifiutato solo il pipistrello, il pangolino e la tartaruga.. non potrei mai!).
Esiste una comunità di italiani a Brazzaville? la frequenti?
Brazzaville è la capitale del Congo ma al momento conta davvero pochissimi italiani. Pensa che Edo è il solo bambino italiano in tutta la città. Spesso quando usciamo ci chiedono se possono fotografarlo o toccargli i capelli biondi!
Devo essere sincera, non frequento quasi per nulla la comunità italiana, esclusa qualche rara eccezione. Ma forse proprio perché le persone del nostro Paese sono davvero un numero irrisorio.
Cosa ti piace di più della tua vita a Brazzaville e cosa meno?
Amo tantissimo i dodici mesi all’anno di clima estivo e il senso di libertà nel quale sta crescendo mio figlio.
Vivere in un ambiente privo di troppi pregiudizi fa davvero bene al cuore.
Inoltre è un grande arricchimento aver provato cosa voglia dire essere una minoranza etnica in un Paese straniero e venire accolti.
Invece la cosa alla quale non ci si può proprio abituare – e che mi indigna profondamente – è l’estrema povertà in cui vive una gran fetta della popolazione.
In un Paese in cui il sistema sanitario non è efficace purtroppo non sono rare le tragedie. La morte di parto è frequente e spesso per molti è impossibile accedere alle cure mediche essenziali.
Raccontaci come ti sei imbattuta nell’orfanotrofio che hai poi deciso di aiutare e supportare, aprendo anche un conto su cui fare donazioni?
Poco dopo il mio arrivo a Brazzaville è capitata una tragedia: purtroppo è deceduta per setticemia una parente della mia cara Doris, la signora che mi aiuta nelle faccende di casa (lei è anche, a tutti gli effetti, l’amica più cara che ho qui in Congo).
Questa parente ha lasciato una neonata, la piccola Maryam, che è da subito finita, appunto, all’orfanotrofio di Mpila.
Doris ha deciso di prendersene cura e di crescerla personalmente con l’aiuto di sua madre.
È stata proprio lei che, in seguito, mi ha portata a visitare questo orfanotrofio. Le era rimasto nel cuore nel momento in cui era andata a prendere sua nipote e aveva visto l’estrema povertà in cui vivevano questi bambini meravigliosi.
Quando mi ha portato a conoscere questa realtà non ho potuto non commuovermi e provare un grande senso di ingiustizia e di impotenza.
Per giorni e giorni dopo la mia prima visita non ho fatto che pensare agli occhioni di ciascuno di quei trentatré bambini e ragazzi. È stato da allora che ho deciso di provare a fare qualcosa, non potevo restare con le mani in mano. Ho cominciato a frequentare l’orfanotrofio, a conoscere meglio i bambini e le persone che gestivano la struttura, una per una, e a studiare un modo per poterli aiutare al meglio. È stato allora che ho deciso di aprire una raccolta fondi sul sito di Buonacausa.
Quali miglioramenti sei riuscita ad apportare finora? come si fa a versare un contributo?
Allora, per cominciare ci siamo assicurati che avessero la possibilità di chiamare il medico quando qualcuno sta male, comprare le medicine necessarie e il cibo.
Successivamente abbiamo studiato la situazione e deciso di cominciare a fare dei preventivi per rendere più salubre l’ambiente. La muffa è dappertutto, soprattutto sui muri. I bambini dormono in quattro o cinque per ogni lettino e anche camere e materassi hanno assolutamente bisogno di essere rinnovati. Gli ambienti stanno per essere bonificati, finalmente!
Inoltre in questa città spesso ci sono grandi problemi elettrici e non è raro che la corrente vada via per giorni. È essenziale comprare un gruppo elettrogeno affinché sia garantito il funzionamento del frigorifero e del congelatore, in modo che possano conservare un po’ di scorte.
Successivamente andrebbe fatto qualcosa anche per la cucina (in genere cucinano sui ciocchi di legno e per terra e mangiano in cortile o dove capita) e per i bagni (hanno una fontanella e dei secchi). Non so se riuscirò a realizzare tutti questi progetti però ho deciso di affrontare una cosa alla volta cercando di fare piccoli passi che permettano loro di vivere in modo più dignitoso. Questo è il link del sito dove, chi ha il piacere di farlo, può aiutarci!
Quanto ti manca l’Italia? tornerai presto?
L’Italia mi manca eccome! Ma soprattutto sento moltissimo la nostalgia della mia famiglia. È dura stare lontano da chi si vuole bene per mesi e mesi! Però anche grazie a questo progetto mi sento più vicina ai miei cari. Loro infatti mi hanno da subito spronata e sostenuta in questa iniziativa. Torneremo in estate per le vacanze e non vedo l’ora di abbracciarli tutti e di mangiare un po’ di gustosissima cucina italiana!!!!!!!
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