Ponti primaverili: due libri da portare assolutamente con sé
Raccontare la vita in una casa di appuntamenti senza indulgere nel pruriginoso, semplicemente come se fosse un’indagine sociale che predilige un punto di vista smaccatamente umano, è il compito, nemmeno troppo semplice, che si è prefissata Emma Becker ne “La Maison” (edito da Longanesi).
La giovane scrittrice francese, cresciuta a baguette e amando quei romanzi ottocenteschi in cui le case chiuse costituivano una parte importante della realtà dell’epoca, ha voluto raccontare in un libro la sua esperienza personale di due anni trascorsi a Berlino nel centro stesso del mondo di una prostituzione legale che, in Germania, accomuna le donne delle più disparate identità sociali. Un esperimento, un resoconto, un’analisi profondamente umana di quello che succede all’interno della casa di piacere La Maison in cui Emma, che si fa chiamare con il nome di Justine – in cui non è nemmeno tanto celato il riferimento a De Sade – si trova a vivere e soprattutto a seguire una curiosità di fondo che la spinge a chiedersi per quale ragione le donne – che siano madri, studentesse, mogli – decidano di vendere il loro corpo a uomini semplicemente per ricavare un denaro di cui non sempre hanno così bisogno.
La premessa è d’obbligo: La Maison non è un romanzo facile e, al netto dell’argomento trattato, il sesso, non indulge su particolari eccessivamente piccanti o su dettagli scabrosi quanto privilegia un punto di vista interno, mosso da un’onestà intellettuale e da un’ironia feroce che permette all’autrice di esplorare le tante tematiche connesse all’argomento.
Compresa la sua esperienza personale di donna dalle fantasie sessuali anzitempo frustrate e mossa da una volontà sana di capire che cosa davvero cerchino le donne e gli uomini da una realtà come la prostituzione, in cui è la libertà la vera discriminante, quella cioè di fare con il proprio corpo quello che si vuole. Ed è questo che l’autrice fa. Ascolta quei corpi e quelle carni, dà voce a pulsioni e desideri senza zittirli, prescinde da tabù, da culture, da pregiudizi per consegnare un libro in cui sì, si parla di sesso, ma anche di molto altro. E soprattutto di quella profonda umanità che nasce dall’accettazione di ogni essere umano per quello che è, con i suoi bisogni e i suoi desideri, con quelle verità che non sempre sono di immediata comprensione ma che ci sono e devono essere rispettate.
Con “Le Perfezioni” di Vincenzo Latronico (edito da Bompiani) si resta in Germania ma in uno scenario completamente agli antipodi, raccontato con un occhio cinematografico e quasi asettico, lontano anni luce dall’approccio emozionale del romanzo precedente. C’è Berlino, c’è una coppia di giovani creativi, Anna e Tom, apparentemente apolidi, tanto presi dal loro lavoro quanto dal costruirsi una vita che sia sufficientemente in linea con l’immagine che trasmettono di loro i social network. Il che equivale a una casa da catalogo Ikea con il corollario di piante e piatti instagrammabili; ad amicizie da coltivare seguendo il codice non scritto di relazioni superficiali; a un amore quasi asettico, a cui si è fatta l’abitudine per mantenere un minimo di radici in un mondo che fatica a mostrare il suo lato autentico. La loro vita è quella di un’intera generazione che si racconta, più che con i sentimenti, attraverso le immagini che ne testimoniano, in rete, l’esistenza.
In quei momenti ogni cosa sembrava possibile. Se si guardavano indietro, erano riusciti a ottenere tutto ciò che avevano desiderato. Era stato facile ma anche difficile. Sapevano di avere avuto fortuna a trovarsi così presto ma anche determinazione e pazienza. Non sentivano di avere rinunciato a molto. Erano innamorati
Ma cosa succede quando la coppia non si riconosce più in quelle stesse immagini? Quando si insinua un’insoddisfazione sorda che porta in superficie la scarsa consistenza di tutto quello che si è vissuto fino a quel momento? Quando le amicizie si rivelano sterili, le passioni lasciano il posto a una pigra indifferenza, il lavoro diventa sempre uguale a sé stesso?
La freddezza con cui si dispiega l’universo di Anna e Tom si traduce in un distacco narrativo che caratterizza la scrittura di quello che, a tutti gli effetti, sembra il saggio – con qualche filtro – di una contemporaneità che risente della paternità di Georges Perec ma che poi esplora altre strade.
Testo di Ursula Beretta
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