Principesse e ‘antiprincipesse’
‘Antiprincipesse’, Barbie cicciottelle….a volte ho l’impressione che i successi del femminismo portino a piccole degenerazioni senza senso. Periodicamente vengono fatte campagne di sensibilizzazione affinché le bambine vengano educate ad essere forti e consapevoli e a non seguire modelli femminili irreali o troppo passivi. E fin qui tutto bene, mi unisco ai cori anche io. Ma perché scomodare innocui punti di riferimento dell’infanzia al femminile e demonizzarli? Non è un tantino eccessivo? Insomma, tutte noi desideravamo essere Cenerentola & Co. da piccole, e poi, verso i 10 anni abbiamo abbandonato il sogno per desideri più concreti che avevano a che fare con la vita vera. Tutte noi ci siamo identificate in Barbie senza minimamente sentirci in difetto per non avere il suo vitino da vespa, le sue gambe tornite e un collo del piede sempre pronto a indossare i tacchi come il suo. Barbie era una di noi: ce la immaginavamo infermiera, mamma di Skipper (rifiutando il fatto che fosse in realtà la sorella), esploratrice, hostess. La fantasia galoppava a ogni accessorio in più che la mamma ci comprava. E comunque pure Barbie, dopo anni di simbiosi, è stata da tutte puntualmente archiviata serenamente e senza tare mentali.
Hanno pubblicato una collana di libri dedicata alle ‘antiprincipesse’, personaggi femminili che si sono distinti nelle arti per la personalità spiccata, il talento e per avere avuto successo contando su se stesse. Un’idea magnifica e molto educativa, ma perché definire queste donne ‘antiprincipesse’?! Hanno deciso di mettere sul mercato una Barbie che abbia fattezze più vicine a quelle di una ragazza normale, con fianchi più morbidi e gambe più tozze. Ma non sarebbe più Barbie, morirebbe il sogno. Che gliene importa dei fianchi larghi o stretti a una bambina di 8 anni? non sono piuttosto elucubrazioni mentali di adulti sfaccendati?
E’ sacrosanto insegnare alle nostre figlie che possono diventare chi vogliono con le sole loro forze, senza dipendere da nessuno. Educhiamole alla disciplina, a dare il meglio di sé in ogni cosa che fanno, a rialzarsi quando cadono senza sentirsi dei casi senza speranza, a fare squadra, a perseguire gli obiettivi con costanza, a non sentirsi intellettualmente inferiori agli uomini. Ma finché sono piccole lasciamogli le principesse svenevoli delle favole, lasciamole sognare, travestirsi, truccarsi da fatine, esprimere la frivolezza senza censurarle. E lasciamogli la lunga chioma bionda di Barbie da pettinare. Insomma, lasciamole giocare. Non possiamo pensare che quei presunti modelli di femminilità degradante abbiano davvero una qualche influenza negativa sulla loro crescita intellettuale e psicologica. Sarebbe come pensare che i supereroi della Marvel sono modelli negativi perché creano nei nostri figli la frustrazione di non poter mai essere forti e imbattibili come loro e quindi li inducono a sentirsi dei falliti.
Ma poi, analizziamo le principesse di oggi: Kate mi pare che abbia incontrato William all’università, una prestigiosa università inglese a cui immagino sia stata ammessa grazie a voti alti. Letizia ha conosciuto Felipe quando faceva la giornalista. Quel buontempone di Alberto non ha certo sposato una sciacquetta senza arte né parte incontrata sulla spiaggia di Monte Carlo bensì un campionessa olimpica di nuoto. Se queste fanciulle non sono modelli forti a cui ispirarsi ditemi voi quali sono queste donne di ferro che le nostre figlie dovrebbero prendere a modello. C’è davvero bisogno di inventarsi delle ‘antiprincipesse’?
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