A proposito di cose da rivalutare…tipo la gratitudine
La gratitudine è un’attitudine sottovalutata e poco esercitata. Io personalmente ho spesso ignorato che esprimere gratitudine potesse fare bene più a me che alla persona alla quale ero manifestamente grata.
La vita ci offre occasioni di cambiamento importanti, di svolte radicali. Noi le cogliamo attribuendone il buon esito a noi stessi, alle nostre abilità e al massimo alla buona sorte, dimenticando che una percentuale di merito va alle persone che hanno agevolato quella svolta. Ci sono persone che hanno ricoperto, perlopiù inconsapevolmente e senza chiedere nulla in cambio, un ruolo chiave nella mia vita, che in qualche modo sono state corresponsabili di un cambiamento ma che nell’ebbrezza del momento, così impegnata a gioire o concentrata sui miei successi, ho dimenticato di ringraziare, considerandole comparse di un film la cui unica protagonista ero io. E quindi sì, posso dire di avere avuto finora una vita lineare, piena di amici, di scelte azzeccate che hanno orientato positivamente il mio percorso senza mai farmi andare troppo fuoristrada. In parte è stato merito mio ma molto lo devo, per esempio, ai miei genitori che hanno avuto la lungimiranza e la generosità di darmi tutti gli strumenti per essere una persona libera, mediamente responsabile, capace di discerniLmento, che mi hanno regalato senza risparmiare e senza risparmiarsi esperienze, culturali e ludiche, in grado di formarmi, di aprirmi la mente. Non credo di averli mai ringraziati apertamente per questo, i figli tendono a dare certe cose per scontate.
All’inizio del mio percorso professionale ci fu una persona che mi diede una chance, che mi diede fiducia, un lavoro da senior nonostante in sede di colloquio avessi gonfiato le mie competenze e lui l’avesse capito benissimo: fu il mio capo per 5 anni e poi per altri 7, nella nuova azienda dove mi portò con sé. A molte persone ho confidato quanto gli fossi grata ma stranamente mai a lui: un’occasione mancata. Esprimere gratitudine, chissà perché, suscita pudore e se ne ignorano spesso i portentosi e benefici effetti collaterali. Se Lucrezia non mi avesse stanata dal mio torpore una fredda sera di marzo per portarmi a una cena di amici di amici non avrei mai incontrato Enne. Lucri, non te l’ho mai detto ma ti sono grata! E c’è un’altra persona, che pensavo di detestare, ma a cui sono estremamente grata e l’ho capito solo oggi: il capo che ho avuto gli ultimi tempi di permanenza in azienda, che se non mi avesse reso la vita un inferno non avrei mai preso coscienza del fatto che ero infelice e demotivata e che era tempo che mi dedicassi ad altro ma non avevo il coraggio. Se non mi avesse scossa così forte, forse sarei ancora lì dov’ero, triste e annoiata, invece che qui, felice, con la mia vita in mano. Ringrazio mia cugina Anna che a luglio in spiaggia, tutti i santi giorni porta in braccio i miei figli a fare la doccia, con 40° e la sabbia incandescente sotto ai piedi. E sapete una cosa? ringrazio pure il mio ex fidanzato, che in moto mi ha fatto attraversare il deserto del Marocco ad agosto, la Foresta Nera a gennaio, e tutti i luoghi che avessero dei tornanti da percorrere su due ruote perché, dopo di lui, sapevo con certezza che avrei evitato i motociclisti come la peste e che l’uomo che avrei sposato doveva muoversi su 4 ruote almeno. Gli sono grata perché tutto sommato quelle esperienze estreme che ho fatto con lui non le avrei mai fatte altrimenti, e per una curiosa come me è stato come ossigeno puro; e poi perché mi ha anche lasciato in eredità una certa passione per i Queen, che oggi mi fanno regolarmente compagnia in cuffia quando vado a prendere i figli a scuola.
Ma al dilà dei grandi eventi della vita ci sono mille piccole cose di cui essere grati ogni giorno. Shawn Achor, studioso di psicologia positiva e docente a Harvard, nel suo libro Il vantaggio della felicità sostiene addirittura che la gratitudine è una delle pratiche per arrivare dritti dritti alla felicità. Ma non quella felicità ideale e lontana che si raggiunge presumibilmente a compimento di un grande evento: quella che arriva dalle piccole cose e che ci fa stare bene tutti i giorni. Lui suggerisce un esercizio semplicissimo: ogni sera dedicare 2 minuti a individuare e scrivere su un foglio tre cose accadute durante la giornata per le quali ci sentiamo grati. L’esercizio va ripetuto per 21 giorni (i ricercatori sostengono che quando una nuova routine viene praticata per almeno 21 giorni di fila, il cervello si adegua ad essa e la considera un’abitudine). Shawn assicura che dopo 21 giorni il cervello entra in un loop positivo che influenza gli eventi del quotidiano in meglio: ci abituiamo a valorizzare ciò che di buono abbiamo già, distogliendo l’attenzione da ciò che ci manca.
Quasi quasi ci provo!
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