Quel tipo di donna
Quattro donne, un lutto e un viaggio in Turchia. “Basta” questo a Valeria Parrella per creare, in poco più di cento pagine, un universo femminile nel quale immergersi e da cui lasciarsi divorare.
“Quel tipo di donna”, edito da Harper Collins, non è solo un tributo all’amicizia più potente, quella capace di unire per quasi quarant’anni femmine tanto diverse tra loro, ma un vero e proprio inno alla vita, quella più intensa, ricca di emozioni, quella che leggendola si sentono i capelli impastati di salsedine e un sorriso balordo che non abbandona il viso.
Quello che voglio dire è che noi eravamo quattro amiche, alla soglia di quel viaggio, ma in realtà con noi c’erano moltissime altre donne: un’intera comunità che principiava dalle nostre madri e dalle madri delle nostre madri.
Una narrazione presente che elude ogni regola temporale per abbracciare le storie delle generazioni passate e, al contempo, riuscire a contenere la complessità di quelle attuali, in un ideale paradigma in cui ogni donna è in grado, per certi versi, di ritrovarsi
No, non siamo quel tipo di donne lì, o quel tipo di uomini li, dico quelli che stendono una tovaglietta sotto il piatto per mangiare da soli. Abbiamo mangiato da sole tante volte, che l’avessimo scelto o no, con i figli che gattonavano d’intorno e comunque sole su quel piatto. Ma per la tovaglietta non abbiamo avuto tempo: c’è sempre stato altro da fare, da leggere, da passare il bagde, o da consegnare un pezzo, o da occupare un bene confiscato, entrare in carcere, organizzare uno spettacolo, cercare le mutande nel letto disfatto di un altro.
Dolores, che ha appena perso la figlia diciottenne, Camilla, Carola e la voce narrante partono da Napoli per la Turchia in un viaggio on the road contemporaneo al Ramadan, come una sorta di purificazione dal dolore, ma al contempo anche una sbrigativa liberazione dalla confusione di vite e di bagagli, di amori svaniti, tra case occupate e creatività lasciate a biglia sciolta in cui sono immerse le loro esistenze. E tanta, tantissima forza per reagire sempre e comunque. Perché queste donne sono forti di loro e della memoria di chi le ha precedute.
La bellezza di questi viaggi è che hai un volo in partenza e uno di ritorno, e poi ci puoi costruire dentro il tempo come meglio viene, e la costruzione del tempo richiede luoghi freschi, persone curiose e colazioni abbondanti.
È un libro da leggere subito, senza perdersi troppo a lungo dietro banali recensioni, perché ha la capacità – come molti dei romanzi di Valeria Parrella – di attaccarsi alla pelle e di non lasciare la presa prima di averla un pochino frantumata per fare passare, a scelta, dolore o amore. O tutti e due. E per farlo è necessario, anche, lasciarsi attraversare dalla scrittura tagliente della Parrella, che non risparmia nulla, che riporta, fedele e finanche un poco invadente, una libertà tutta da raccontare in maniera leggera e intensa, come se fosse una passeggiata vista mare.
Testo di Ursula Beretta
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