Dare ai figli scarpe veloci per arrivare lontano
Che i figli conoscano le lingue straniere. Che almeno l’inglese lo imparino bene, appena possibile. Per comunicare con il resto del mondo, che ormai è a casa nostra. Per non fare – all’estero – la figura dei ‘soliti’ italiani dall’inglese approssimativo e sgrammaticato. Per conquistarsi non tanto la certezza di avere il lavoro dei sogni ma uno strumento in più per arrivarci.
Che si investa nei viaggi più che negli oggetti, perché i figli conoscano come si vive altrove, come si mangia, cosa c’è di speciale là fuori che vale terribilmente la pena vedere. Per arricchirsi. Per non chiudersi. Per allenare la curiosità verso ciò che è diverso.
Che si entri nei musei più che si può, fin da quando i figli sono piccoli. Perché anche se sembra che di Magritte non gli interessi nulla o che di un giro al Centre Pompidou avrebbero fatto volentieri a meno, un giorno, durante un viaggio di lavoro a Parigi faranno di tutto per trovare un’oretta per andare ad ammirare quel quadro con gli uomini che piovono dal cielo, davanti a cui 20 anni prima avevano sbadigliato. Avranno imparato a coltivare la bellezza e a coglierla ovunque si trovino.
Che i figli pratichino uno sport. O più di uno, fino a trovare quello con cui meglio si esprimono, quello per cui hanno maggiore attitudine. Per provare sulla propria pelle quanto la disciplina, la costanza, l’impegno alla fine vengano premiati. Per imparare a metabolizzare le sconfitte e – quando si vince – a non sedersi sugli allori. Per non avere il tempo di ciondolare interi pomeriggi senza uno scopo, diventando facile preda di sfaccendati e lucignoli tentatori.
Che i figli imparino a suonare uno strumento. Perché la mente si apra, per scovare un talento nascosto, per coltivare una passione da condividere con altre persone con la stessa passione. Per non dare spazio a ciò che è futile. Per non perdersi. Perché la musica è una buona compagna, quando si resta soli.
Vigilare sempre, anche quando sembra che i figli stiano bene. Perché i figli non lo dicono, anzi sembra che lo rifiutino ma hanno bisogno di sentire che i genitori sono lì, pronti a intercettare i momenti bui.
Che i figli abbiano libertà, che gli si dia fiducia anche a costo di non dormire la notte dalla paura. Che gli si diano spiegazioni, motivazioni ai no. Perché crescano consapevoli e non ottusi.
La filosofia dei miei genitori con noi figli è stata questa: darci scarpe veloci perché potessimo correre meglio e arrivare più lontano con uno slancio più grande e possibilmente una fatica minore. Una vita, la loro, votata a questa filosofia, che a volte, quando ero piccola, non capivo. Che ho capito crescendo, mettendo insieme i pezzi del puzzle della mia individualità, che i miei genitori hanno aiutato a plasmare, orientandola alla felicità, alla consapevolezza di sé, alla libertà.
Una filosofia che mi ritrovo ad applicare punto per punto, da genitore, oggi.
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