Sextantio: breve fuga romantica in Abruzzo
‘Bambini ciao, mamma e papà tornano domani’.
E così, in un sabato piovoso e inaspettatamente freddo di luglio io e Enne, dopo aver ricordato ai miei di lavare i denti e mettere a letto presto i figli che gli abbiamo lasciato in consegna, abbiamo preso la macchina e siamo partiti per una fuga romantica di 24 ore. Non lo facevamo da quasi un anno. Meta: Santo Stefano di Sessanio, un minuscolo paese medioevale in pietra incastonato tra le montagne dell’Abruzzo, in provincia di L’Aquila, nel territorio del Parco Nazionale del Gran Sasso. Poco noto ai più, soprattutto perché l’Italia è ricca di così tante bellezze più eclatanti e imponenti che i paesini sperduti come questo, a meno che non si trovino in concomitanza delle arterie principali, vengono spesso ignorati. Costituiscono un patrimonio artistico e architettonico ‘minore’, ma non meno affascinante, che piano piano scompare perché abbandonato a se stesso. Questo era il destino di Santo Stefano, villaggio di pastori che agli inizi del ‘900 si è piano piano spopolato diventando quasi un paese fantasma, fino a quando Daniel Kihlgren, un giovane svedese (di mamma lombarda), non ci è arrivato per caso in moto 20 anni fa rimanendone folgorato, tanto da pensare di riportarlo in vita, valorizzarlo. Decide quindi di acquistare una ad una le case dei pastori, ormai disabitate, e procedere a un restauro di tipo conservativo, che non ne stravolgesse l’essenza originaria, creando un albergo diffuso che oggi occupa gran parte del paese e contribuisce a renderlo meta di turisti che arrivano da tutto il mondo. Oggi Santo Stefano di Sessanio è annoverato tra i borghi più belli d’Italia. Non a caso.
Un gomitolo di stradine ripide che ogni tanto si aprono regalando scorci super suggestivi, su un paesaggio quasi lunare. Sextantio, questo il nome dell’albergo diffuso, è un tutt’uno col paese e offre servizi legati alla cultura e alle consuetudini del luogo. I materiali con cui sono realizzate le camere sono quelli di 100 anni fa, la disposizione degli spazi e ogni singolo dettaglio ha una storia che rimanda alle origini del posto: dalle coperte della tradizione contadina abruzzese ai saponi – artigianali e fabbricati localmente, al cibo. Nella locanda e nell’enoteca dell’albergo vengono serviti numerose etichette di Montepulciano d’Abruzzo e piatti tradizionali realizzati con materie prime locali, dai formaggi alle zuppe ai dolci. Un vero e proprio tuffo nella cultura abruzzese, che qui è valorizzata con grande attenzione e grande passione. Questo è un luogo dove il tempo sembra essersi fermato.
Impossibile non rimanere catturati dallo charme che emana ogni oggetto, ogni angolo di questo posto. Noi l’abbiamo trovato terribilmente chic, nonostante non abbia nulla di palesemente lussuoso.
Domenica mattina, zigzagando lungo strade bordate di ginestre, siamo andati a visitare il vicino paese di Calascio, abbandonato anch’esso qualche decina di anni fa e oggi vivo e vitale grazie ai turisti che l’hanno riscoperto, soprattutto grazie alla vicina Rocca Calascio, una misteriosa e affascinante fortificazione che è stata protagonista di alcune scene esterne di film come Il nome della rosa e Lady Hawke. Dopo aver fatto scorta di pecorino e lenticchie all’emporio del paese, siamo ripartiti.
Sarebbe bello fuggire da soli più spesso ma per noi è logisticamente complicato e in ogni caso non essenziale: una volta l’anno è abbastanza per ritrovarci, dedicaci a noi due soli e tornare a casa dai figli più uniti e ritemprati che mai.
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