Tre
Che “Tre” sia il libro dell’estate non è un mistero. Lo dicono le classifiche, lo ripetono i librai, lo sussurra il passaparola che ha reso il romanzo di Valérie Perrin (edizioni e/o) un caso prima in madrepatria e poi in tutto il mondo. O quasi.
Le ragioni ci sono tutte. A partire dagli ingredienti perfetti – una storia di amicizia e di formazione, personaggi accattivanti, una narrazione leggera e coinvolgente – orchestrati da chi, senza ombra di dubbio, sa trattare tematiche forti con una mano leggera e avvolgente insieme. Chiunque abbia letto “Cambiare l’acqua ai fiori”, il precedente romanzo della scrittrice francese, sa bene a quale magia mi riferisca. Per chi non l’ha fatto, tant mieux, ha l’occasione per cominciare a scoprirla in questa nuova opera.
Molta, moltissima musica, dolori inestinguibili, un discreto bagaglio di consapevolezze e, soprattutto, la certezza che l’amicizia sia un dono senza pari accompagnano le vicende di Adrien, Étienne e, soprattutto, Nina, tre ragazzi che crescono insieme a La Comelle, in Borgogna, e che diventando inseparabili fin dal primo momento in cui si conoscono, sui banchi della quinta elementare. Diversissimi tra di loro eppure complementari, si fanno una promessa: al compimento della maggiore età lasceranno la provincia per trasferirsi a Parigi e formare la loro band musicale. Senza separarsi mai. È Virginie, una giornalista dal passato enigmatico, a dipanare le fila di un racconto circolare che, dagli anni 80, arriva fino al tempo presente, ricostruendo una cornice più ampia nella quale i personaggi, con le loro fragilità, le loro paure, il loro endemico bisogno di crescere sguazzano senza mai perdere la fiducia nel futuro.
Scoppiano a ridere tutti insieme. Una risata da bambini che non hanno più tanta voglia di essere bambini. Anche se l’infanzia era bella. Oscillano tra lecca-lecca e il futuro, tra le battute cretine e la voce che cambia, tra il cartoncino fissato ai raggi della bicicletta per fare rumore e i sogni di lunghi viaggi in moto.
Perché l’adolescenza non è sempre facile, da vivere come da gestire. Ci sono genitori assenti e altri che non si sono mai presi le loro responsabilità; ci sono adulti che fomentano le insicurezze dei più piccoli e li accompagnano verso un baratro che non sarà sempre comodo gestire; ci sono lacrime e sangue e incomprensioni e fughe e un affetto talmente profondo da potersi fare scudo e vessillo insieme per non smettere mai di sperare. E c’è sempre tanto, tantissimo amore, che assume le forme più inconsuete e che non sempre è sinonimo di leggerezza, al contrario, esprime quell’endemico bisogno di essere amati e accettati che tante volte rischia di diventare una gabbia. Un amore dannoso come quello di Nina; un amore puro ma infelice come quello di Adrien; un amore frivolo eppure mosso da un malessere interno come quello di Étienne: sono le pagine più belle quelle che accompagnano le diverse manifestazioni di un sentimento in evoluzione, trattato con una sensibilità tale da riuscire a renderlo cristallino nell’animo di chi legge.
Ma attenzione, in “Tre” c’è spazio anche per il mistero. Perché a un certo punto le vite dei ragazzi si separano e sarà ancora una volta il passato che ritorna prepotentemente a galla (e mai espressione potrebbe essere più felice per descriverlo) a costringerli a ritrovarsi.
Ci sono libri, e anche incontri, che sono come occasioni perse. Passiamo accanto a storie e persone che avrebbero potuto cambiarci la vita senza vederle a causa di un malinteso, di una copertina, di un riassunto sbagliato, di un atteggiamento prevenuto. Per fortuna certe volte la vita insiste.
E insiste anche Valérie Perrin, con quel suo modo di solleticare il cuore, emozionando e commuovendo insieme, in un continuo flashback temporale che diventa il complice perfetto nel tratteggiare un racconto intimista ed emozionante che, a discapito delle 600 e oltre pagine lungo le quali si dispiega, si farà divorare.
Testo di Ursula Beretta
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