Trio
“Trio” di Dacia Maraini, edito da Rizzoli, è un romanzo brevemente intenso e tragicamente attuale: uno spaccato di umanità narrato da un punto di vista squisitamente femminile che fa un salto nel tempo di oltre 300 anni per arrivare nella Sicilia martoriata dalla peste.
Vi dice qualcosa?
La malattia che sconvolge l’isola, però, rimane come una cornice dolorosa e sospesa che accoglie la storia di due donne, legate da un’amicizia che risale all’infanzia, e dall’amore per lo stesso uomo, sposato a una e innamorato dell’altra.
Una sorta di ménage à trois che stupisce, considerando i tempi in cui si colloca la storia, ma che lascia indifferenti le due donne, Annuzza e Agata, perché questa passione è talmente parte di loro da rasentare la normalità.
“In questi tempi di morte e di dolore, Agata mia, sento che il solo rifugio della mente, la sola certezza del futuro è la nostra amicizia. Cerchiamo di non guastare la solidarietà che ci lega, sarebbe un crimine”
La bellezza delle 100 pagine di cui si compone la storia scritta dalla Maraini sta tutta nella delicatezza con cui viene trattato l’amore: una malattia che colpisce le donne e dalla quale non si può guarire, secondo la vulgata, analizzata in maniera lieve e poetica (ma non per questo leziosa), come una compagna fedele che addolcisce la quarantena solitaria e divisa delle due amiche.
È un piacere puro quello che si prova nel leggere le sfumature di un sentimento pacato e al contempo forte, che rimane a vegliare mentre nell’isola imperversa la morte, riempiendo di sogni l’animo di chi aspetta e di chi non sa, cullando un’incertezza che forse nessuno vorrebbe si trasformasse in qualcosa di più fermo.
È tutto immobile, sospeso, un’atmosfera perduta di cui la peste rappresenta un’eco portata dalle parole dei pochi visitatori, immaginata dai racconti ascoltati di chi ha sentito, che vive, tra l’isolamento e il crescendo delle superstizioni miste a paure, di terrore ma anche di speranze.
“Trio” riprende il tema della peste di Messina del 1743 nel quale Dacia Maraini si era imbattuta 30 anni fa quando stava scrivendo “La Lunga vita di Marianna Ucria” e lo trasforma in un espediente sentimentale per tracciare, ancora una volta, un quadro al femminile intenso e pungente in cui è sempre la forza resiliente delle donne a fare la differenza. Ne nasce un romanzo delicato, che si legge come una carezza, in cui la purezza della scrittura è assoluto piacere e dove la nostalgia della separazione crea un universo ricco e capace di dare vita a un momento di lettura indimenticabile.
Testo di Ursula Beretta
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