Una manciata di libri (bellissimi!) per affrontare il rientro in città
Letture d’estate che rendano la rentrée più leggera e, perché no?, anche più piacevole? Non è una provocazione ma un dato di fatto. Le pagine che hanno accompagnato il languore dei miei giorni estivi possono, a mio avviso, nascondere una piacevolezza che non rischia di venire meno al calare delle temperature ma anzi sono capaci di perpetuare quell’atmosfera magica che, per me, ha fatto la differenza.
Non ho la pretesa dell’infallibilità nel consigliarvi quei libri che, nel mese di agosto, hanno reso speciali le mie giornate e che, per una ragione che trascende il gusto personale, potranno tranquillamente farsi amare da voi esattamente come le ho amate io. Sono suggestioni e, come tali, vanno accolte.
Per cominciare, rigorosamente in ordine sparso, c’è Peter Cameron e la sua opera quasi omnia che quel gioiello che è la biblioteca di Cavalese – nel mio adorato Trentino – mi ha permesso di recuperare. Se avete letto “Anno Bisestile” e l’avete amato, non avete che da tuffarvi – giusto per ritornare a un clima estivo- su tutta la produzione dello scrittore newyorkese che Adelphi ha in catalogo. Dal classico “Un giorno questo dolore ti sarà utile” alla delizia racchiusa nel racconto lungo “Il week end” passando per la cupa ed emblematica vicenda sottratta al tempo di “Coral Glynn” e finendo con quella perla che è “Andorra”.
Poi c’è Nadia Terranova, che non ha bisogno di presentazioni ma solo di essere letta. A lungo ho accarezzato “Trema la notte” (Einaudi) prima di decidermi a cominciarlo certa che avrei avuto bisogno di un tempo fermo per apprezzare ancora di più la capacità cristallina di questa scrittrice di far scivolare le parole sulle pagine con una grazia unica piegandole al racconto romanzato di una vicenda storica tragica i cui risvolti umani sono forti e potenti. Le ferite di Nicola e di Barbara sono amplificate da quelle di Messina e di Reggio Calabria, spazzate via da un rovinoso terremoto che nel 1908 ne ha cancellato la fisionomia, ma la ricostruzione e la possibilità di ricominciare una nuova vita per lasciarsi alle spalle le miserie del passato non sono altro che un carburante sano per andare avanti.
Che Elena Stancanelli fosse un genio era per me cosa risaputa. Ciò nonostante ho posticipato a lungo la lettura de “Il Tuffatore” (La nave di Teseo) forse perché non condividevo, a torto, il potere ammaliante che un personaggio come Raul Gardini, a cui è dedicato il romanzo, aveva sull’autrice. Ripeto, niente di più sbagliato. Perché alla Stancanelli riesce una cosa poco scontata, ovvero tenere incollato il lettore raccontando una generazione di uomini a loro modo straordinari e di farlo attraverso la parabola dell’imprenditore romagnolo che si muove nell’affresco di un’epoca storica che ha avuto il suo apice negli anni 80 e che ha portato l’Italia a vivere splendori irripetibili. C’è un’ars narrativa magistrale, una narrazione roboante che mescola senza soluzione di continuità una precisa ricostruzione dei fatti a una rielaborazione personale più intima e meno scontata; c’è un uomo, su tutti, dalla cultura contadina e dall’animo guascone, un visionario lungimirante travolto da un senso di onnipotenza con cui tutti coloro “che fecero l’impresa” prima o poi hanno fatto i conti. E sappiamo bene quale sia stata la cifra pagata.
Estate femminile singolare, esattamente come Lisa Taddeo che con “Animale” (Mondadori) tratteggia una carneficina emotiva della quale l’incipit stesso non lascia dubbi “Se qualcuno mi chiedesse di descrivermi in una sola parola sceglierei depravata”. È Joan a parlare, mentre racconta di come, durante la cena con un uomo sposato in un ristorante newyorkese, un altro uomo abbia fatto irruzione davanti a lei facendosi esplodere la testa con un colpo di pistola. Troppo pulp? No, in realtà la voragine è tutta una questione privata e segue le fila di un flusso di coscienza in cui riaffiora l’eco di un passato di abusi e di violenze da cui solo l’incontro con una certa Alice potrà, forse, aiutare la protagonista a salvarsi.
Ma non solo. Ho amato ancora una volta lo stile magico di Guadalupe Nettel con il suo “Il corpo in cui sono nata” (La nuova frontiera) e mi sono fatta incantare dalla vicenda al limite del distopico della Sarah di Lawrence Osborne nel suo “Il regno di vetro” (Adelphi) ambientato in una Bangkok claustrofobica, truce e terribilmente piovosa. “La gazza” di Elizabeth Day (Neri Pozza) non è stata da meno con quel dolore di fondo che diventa il pretesto per dare vita a un thriller psicologico accattivante in cui niente è quello che sembra. Se amate la Francia e siete affascinati dallo spirito ribelle che da sempre anima i suoi abitanti, “Le evasioni particolari” di Véronique Olmi (edizioni e/o) è perfetto per seguire l’onda lunga di quei cambiamenti che, dagli anni ’60 arrivano all’attualità in cui si muovono tre sorelle, diversissime tra di loro, che impareranno a crescere insieme al loro Paese.
E voi, quali libri estivi avete voglia di consigliarci?
Testo di Ursula Beretta
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